Il presidente Giorgio Napolitano
ha conferito al sindaco di Firenze, l’incarico di formare un nuovo governo che
avvii il risanamento di tutti i problemi di questo malandato paese, operazione
che lo stesso Renzi, dichiara, oramai da un po’di tempo, di esser in grado di
fare.
Lungi dal voler emettere giudizi
sulle capacità delle persone, la domanda che immediatamente ne scaturisce è
questa: “Che cosa cambia, se la maggioranza di governo è la stessa di quella
del governo Letta?”.
Rimane proprio difficile credere
che qualche faccia vecchia contrabbandata per nuova e qualche altra faccia,
sempre vecchia, ma contrabbandata per capace, possa risolvere quello che oramai
è un dramma allo stato endemico.
In più, sulla rapidità e sulle
modalità di questo cambio al vertice forse è lecito farci un cattivo pensiero
(anche perché un politico del passato, cui sono mancate molte, troppe, qualità,
ma al quale bisogna riconoscere arguzia ed esperienza, diceva: “A fare cattivi
pensieri si coglie spesso la verità!”): probabilmente Renzi meglio asseconda le
dinamiche necessarie a padroni e poteri forti per salvaguardarsi, vivere e
prosperare, o quantomeno offre maggiori garanzie in tal senso.
Per connotare politicamente il
nuovo presidente del consiglio, è sufficiente riflette su uno dei nomi, il
quale ha, poi, declinato l’invito, che Renzi, pare, abbia ipotizzato all’inizio
come probabile ministro della sua compagine di governo: il marchese Luca
Cordero di Montezemolo.
Se si dovesse fare un ritratto intitolato
“L’Imprenditore” o “L’imprenditoria” o qualcosa di simile, niente di più che il
nobile profilo del marchese sarebbe in grado di rappresentare visivamente il
concetto.
È ovvio che ci sono stati altri
nomi, qualcuno da brivido, qualcun altro un po’ meno, ma tutti pasciuti e cresciuti
alla stessa greppia, dove il lavoratore, le sue necessità, in moti casi la sua
dignità, diventano un optional, che alla bisogna, si possono tenere in scarsa,
se non nulla, considerazione.
Sono in molti a dire che il sindaco
di Firenze sia persona gradita ai poteri forti e adesso, a prescindere e senza
voler giudicare eventuali frequentazioni, non si può non considerare il fatto
che prima di avviare le consultazioni ufficiali, Renzi si sia fatto un giro con
qualche nome di spicco tra quelli dell’imprenditoria italiana: due per tutti, i
patron di Tod’s ed Eataly.
Se è già ridicolo pensare che il
Partito Democratico, maceria e rovina di quello che una volta era il Partito
Comunista Italiano, possa rappresentare la classe lavoratrice, operaia e
proletaria, per la quale, almeno nelle intenzioni, quest’ultimo era nato, come
si può credere che lo possa fare il neo segretario del PD, a capo di un partito
che nel corso degli anni si è reso sempre più funzionale a molte delle lobbies
(che altro non sono che gruppi d'interesse
e di conseguenza gruppi di pressione)
presenti in Italia che oramai, e da tanto, interfacciano con la
politica, in un complesso, variegato e connivente sottobosco, dove destra e
sinistra diventano concetti talmente labili da fondersi in un “unicum” in nome
del potere e del potere economico, il tutto senza uno straccio di legge
o normativa che ne regolamenti l'esercizio o ne delimiti i confini.
A tutto questo, poi,
si aggiunge l’esplicita richiesta della BCE, la quale chiede
che il governo Renzi esprima una linea di continuità economica con i suoi
predecessori, altro tassello, che messo insieme agli altri, forma alla fine un
quadro che non lascia alcuna possibilità di intravedere una inversione di rotta
a favore delle classi lavoratrici.
Quali sono i poteri
forti dei quali il futuro premier sembra esser il nuovo pupillo?
È ovvio che nessuno dirà
mai cose che possano fare chiarezza su un argomento del genere; le risposte a
questa domanda saranno sempre congetture, anche se, in fin dei conti, se ci si
fa sopra, un ragionamento, la risposta alla quale si arriva è piuttosto
semplice: quelli di sempre!
Quelli che non
cadono mai e che se cadono rimangono in piedi, quelli che decidono della vita,
del benessere, delle scelte di milioni di persone, quelli per i quali le classi
sociali sono solo numeri, che possono variare, l’importante è che i numeri dei loro
conti siano quelli che tornano sempre; tutta una schiera di boiardi distribuiti
variamente nello stato, nell’industria privata, nell’infinita palude delle
partecipate, messi lì perché amici di qualcuno, per garantire la conservazione
di privilegi a un certo numero di intimi; persone che esercitano, in maniera coperta,
un potere immenso, spesso maggiore di quello degli stessi ministri, che solo
l’unione e la presa di coscienza del popolo dei lavoratori potrà tentare di
scardinare.
Resistenza Rossa
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