Il 1977 si preannuncia subito con il fiato corto e con l’amaro
in bocca. E’ trascorso appena un mese dalle dolenti note del 3 dicembre 1976, quando
Franco Maria Malfatti, ministro dell’istruzione, rende chiare le disposizioni
rappresentate dalla nota circolare che impone severi limiti alla reiterazione
degli esami, stabilisce l’aumento delle tasse in particolar modo per i fuori
corso, struttura la laurea in tre livelli (diploma, laurea, dottorato di ricerca)
e ripropone la reintroduzione del numero chiuso.
Il 24 gennaio del 1977, a Palermo, gli studenti di Lettere
occupano la facoltà, una settimana dopo, si interrompono le attività didattiche
a Torino, Cagliari, Sassari nelle rispettive facoltà umanistiche, mentre a Padova,
Firenze e Pisa, brulicano cortei, manifestazioni, assemblee.
Le prime rappresaglie, si hanno proprio nell’inverno di
quell’anno inquieto. A febbraio, alla Sapienza di Roma, quasi settanta fascisti
irrompono durante un’assemblea di studenti, aggredendoli. Respinti, i militanti
del Fuan reagiscono, sparando e colpendo alla testa Guido Bellachioma, ferendolo gravemente.
Il giorno dopo parte un corteo dall’università ma a via Solferino,
nei pressi di Sommacampagna, un gruppo di compagni si allontana e assale la
sede del Msi, da cui erano partiti i fascisti il giorno prima. Intanto a via Indipendenza, da una 127 senza
contrassegni, dei poliziotti iniziano a sparare, i compagni rispondono al fuoco. A terra, feriti,
rimangono Paolo, Daddo e un questurino.
Ugo Pecchioli, dirigente del Pci, al quotidiano la
Repubblica dichiara il giorno dopo: “Il raid dei fascisti all’università e le
violenze dei provocatori cosiddetti autonomi sono due volti della stessa realtà
(…) la matrice fascista è comune, analoghe le finalità. La polizia e la
magistratura facciano il loro dovere chiudendo i covi”.
La risposta è immediata e imponente la manifestazione,
30.000 persone si riversano in città. Convulsi si succedono quei giorni egli avvenimenti. Il 16 febbraio ’77 si tiene
assemblea alla Sapienza, tantissime le presenze, l’ordine del giorno è su come
gestire la presenza di Lama: farlo conferire? Accoglierlo con i fischi? Mandarlo
via? Si decide infine di presenziare al comizio, fischiargli contro ma di
evitare lo scontro fisico.
Gli indiani metropolitani sono in fermento, hanno preparato
un imponente pupazzo di cartapesta, molto alto, tappezzato di slogan ironici,
dissacranti "Più lavoro meno salario"; "Lama è mio e lo gestisco io"; "Vogliamo un affitto proletario il 100% del
salario".
Il servizio d’ordine che protegge il camion del comizio
sindacale è impressionante, sono almeno un centinaio gli uomini del pci,
dietro, a pochi metri di distanza, studenti e lavoratori. Tra i due
schieramenti si apre inoltre un “corridoio” tenuto sgombro dal servizio d’ordine
del movimento che cerca di evitare quello di Lama, dietro, a cinque sei metri,
gli “indiani”, con il loro pupazzo e sempre più numerosi.
La tensione si taglia a fette. "È
ora, è ora: miseria a chi lavora"; "Potere padronale"; "Andreotti è rosso Fanfani lo sarà"; "Più baracche meno case". Palloncini
colorati imbrattano il camion.
Il servizio d’ordine di Lama risponde immediatamente. Alcuni
di loro impugnano gli estintori e si lanciano contro le prime fila del servizio
d’ordine del movimento che a stento riesce a contenere le pressioni, il cordone
cede, gli “indiani” rispondono facendo barriera e difendendosi, si continua a
pigiare, oramai lo scontro è inevitabile. Il movimento però riesce a resistere,
buttando fuori dall’università il servizio d’ordine sindacale.
Venerdì 18, si organizza un’assemblea alla facoltà di
Economia, il movimento approva un documento che fa riferimento ai fatti del
giorno prima sostenendo che:
“Nella mattinata il servizio d’ordine del Pci […] ha dato il via a
gravissimi incidenti nel tentativo di schiacciare l’autonomia del movimento.
Questa manovra è fallita per la reazione di massa degli studenti che hanno
cacciato il servizio d’ordine del Pci e sono rimasti padroni
dell’Università. […] Nel pomeriggio Cossiga, favorito dalla
situazione, ha fatto prendere d’assalto l’Università da un imponente
schieramento di Ps, riuscendo così a fare, grazie al Pci,
quello che non gli era stato possibile nei giorni scorsi.
[…] Per quanto riguarda la lotta, il movimento non intende rinunciare ai
suoi obiettivi centrali che sono: 1) ritiro del progetto Malfatti
e di quello del Pci; 2) sciopero generale nazionale contro il
governo per aprire un fronte di lotta nuovo e di massa sull’occupazione. Il
movimento sa che questi obiettivi significano il rifiuto della politica dei
sacrifici, della logica della compatibilità capitalistica rispetto alla crisi
[…]. Per queste ragioni l’assemblea generale decide: di intimare al governo lo
sgombero dell’Ateneo, che deve funzionare come luogo di aggregazione autonoma
dei giovani e l’allontanamento definitivo della polizia; di fare un manifesto
cittadino che chiarisca le posizioni del movimento; di indire per sabato 19
febbraio, alle ore17 a piazza Esedra, una grande manifestazione
cittadina e di massa, che verrà garantita dalle strutture di movimento; di
invitare tutte le Università in lotta a un confronto nazionale sabato e
domenica 26 e 27 febbraio a Roma.”
Francesco Lorusso, l’11 marzo del 1977, viene assassinato dalla polizia
durante un corteo. Ha solo 25 anni. Il 12 marzo il movimento organizza a Roma una
manifestazione nazionale che è un oceano di anime, numerosi gli scontri, gli
assalti alle sedi delle istituzioni, alle armerie, ai simboli borghesi della
ricchezza, del potere.
La "cacciata di Lama", gli scontri di piazza, i vari gruppi: Lc, Pdup, Ao, si marginalizzano, allontanandosi dagli autonomi o meglio "dalle azioni degli 'autonomi' ai margini della manifestazione".
Il 23 marzo a Bologna, viene chiusa radio Alice, distrutti gli impianti e arrestati i presenti, con l'accusa infamante, rivelatasi poi falsa, di aver diretto via etere i violenti scontri all'indomani dell'uccisione dello studente Francesco Lorusso. Qualche giorno dopo, viene sgomberata l'università di Bologna, addirittura con l'irruzione dei blindati. Cossiga in seguito, vieta le manifestazioni a Roma.
Resistenza Rossa
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