4.2.14

IL COSTO DEL LAVORO, IL RENZISMO E IL VICOLO CIECO DELLA BORGHESIA



“Ciò che conta non è cosa questo o quel proletario o anche tutto il proletariato si rappresenta temporaneamente come fine [...] ciò che conta è cosa esso sarà costretto storicamente a fare in conformità a questo suo essere” (Karl Marx) 

La storia dell’Europa occidentale degli ultimi trentacinque anni è la storia dell’attacco permanente contro il salario. Contro il salario diretto, attraverso l’inflazione e l’iperinflazione. Attraverso l’outsourcing, i contratti flessibili e le deroghe peggiorative del Contratto Collettivo Nazionale. Attraverso il lavoro nero sistematico nei settori primario e terziario dell’economia. Attraverso gli accordi contrattuali nazionali, territoriali e aziendali al ribasso, gestiti dal sindacalismo neocorporativo. Il fascismo italiano ha istituito il corporativismo con l’uso della forza, della coercizione. Le democrazie liberali hanno istituito il neocorporativismo con l’uso dei privilegi e delle carriere amministrative, parlamentari, ministeriali e societarie dei burocrati e dei dirigenti sindacali espressioni delle sempre più ristrette aristocrazie salariate alimentate dagli extra-profitti imperialistici. Il sindacato cessa di essere la società commerciale (Trade Union) per la vendita collettiva della forza lavoro al prezzo più alto e si trasforma in un organo dello Stato e della borghesia per la gestione delle relazioni di lavoro. 


Contemporaneamente, l’attacco permanente è diretto contro il salario indiretto e contro il salario differito. Contro il salario indiretto attraverso la riduzione quantitativa e qualitativa dei servizi sanitari pubblici, attraverso la sottrazione di risorse per la scuola e l’università pubbliche, attraverso la privatizzazione dei mezzi del trasporto collettivo e la gestione privata o privatistica in mano pubblica degli asili e di altri servizi sociali. Il tramonto del Welfare State, salutato dall’ideologia egemone come l’avvicendamento di modelli sociali successivi, altro non è che il riposizionamento nella lotta di classe tra borghesi e proletari. L’attacco permanente contro il salario differito è compiuto attraverso la graduale abrogazione de facto della pensione di anzianità e attraverso il continuo allungamento dell’età per la pensione di vecchiaia. Nel XIX secolo, il capitalista aveva nella durata del giorno solare un limite fisico all’aumento della giornata lavorativa a salario invariato, che è una delle due forme di aumento assoluto del plusvalore. Negli ultimi trentacinque anni, dopo un secolo di lotte e di conquiste di diritti pensionistici, l’allungamento dell’età pensionabile è diventato il mezzo per aumentare il tempo di lavoro a salario invariato (somma di salario diretto e differito), il mezzo per l’aumento assoluto di plusvalore. Tutte le controriforme europee in materia pensionistica degli ultimi decenni rappresentano il più grande aumento assoluto di plusvalore della storia del capitalismo. E’ in questo modo che il capitalismo agonizzante sopravvive a se stesso. Le basi materiali dell’attacco permanente contro il salario sono: 1) la caduta tendenziale del saggio di profitto; 2) l’accresciuta concorrenza all’interno del proletariato mondiale, determinata dalla restaurazione del capitalismo in Europa orientale, Russia e Cina e dalla diffusione del capitalismo nelle aree geografiche arretrate; 3) la disoccupazione di massa e aciclica, determinata dall’aumento della composizione organica del capitale (macchinismo, robotica), dalla tendenza molecolare alla sovraproduzione e dalla sua esplosione in crisi di recessione da sovraproduzione. Dopo trentacinque anni di attacco permanente contro il salario, i principali organi di stampa borghese, dall’Economist al Corriere della sera, e le principali istituzioni imperialistiche, dal FMI alla BCE, ripetono costantemente che l’unica exit strategy dalla crisi è la riduzione del costo del lavoro, la riforma strutturale del mercato del lavoro. E’ la confessione borghese che il capitalismo decadente può sopravvivere solo strangolando costantemente il salario. Ma non è solo una confessione. E’ la manifestazione pubblica della volontà padronale di passare dalla guerra di posizione alla guerra di movimento. Per trentacinque anni, i padroni europei hanno avanzato lentamente, gradualmente, trincea dopo trincea e i lavoratori arretravano, perdendo tutte le posizioni prima conquistate. Ma la profondità della crisi capitalistica e l’accresciuta concorrenza interimperialistica spingono i padroni ad uscire dalle trincee per un assalto veloce e concentrato contro i lavoratori. Per la borghesia europea la guerra d’assalto contro il salario è diventata una necessità impellente. Per la borghesia italiana è una questione di vita o di morte. E’ in questo contesto che si inserisce la vicenda Electrolux, che è solo emblematica di una serie di vicende interrelate; ed è in questo contesto che si inserisce il renzismo. Partiamo da quest’ultimo. Attraverso i gruppi industriali e finanziari riuniti nella Fondazione Big Bang e intorno ad essa, Matteo Renzi ha conquistato la direzione del Partito Democratico, ne ha rinnovato il gruppo dirigente e ha conquistato tutte le principali posizioni nel sistema borghese dei giornali e delle televisioni. Il ricambio generazionale dell’establishment italiano è un elemento centrale del renzismo, ma non è il suo fine. Questo ricambio generazionale è un mezzo, è la fase della difensiva strategica, dell’accumulazione delle forze, della conquista delle trincee da cui poi levarsi per lo sfondamento strategico: l’attacco frontale contro la classe lavoratrice, contro il salario e le condizioni di lavoro. Il giovanilismo e l’ostentato rampantismo ne sono la cornice morale. Il collateralismo berlusconiano è in funzione tattica, ma al contempo ne prefigura il fine regressivo. Il ricambio generazionale dell’establishment per il momento è un fatto compiuto per il Partito Democratico, ma rimane ancora una prospettiva per la stampa, la televisione, l’industria e la finanza. Giovani editori, giovani giornalisti e giovani manager dei grandi gruppi industriali e finanziari occupano le posizioni intermedie dei rispettivi organigrammi e sono pronti a scalare i vertici, con metodi diversi ma con lo stesso tessuto morale de “La caduta degli dei” del grande regista. Anche da queste dinamiche dipenderà lo sbocco dell’attuale equilibrio tattico tra Renzi e Letta. Ma il padronato italiano non può attendere, deve assolutamente attaccare in modo frontale. Electrolux tenta di dare l’inizio all’assalto. I padroni si muovono in ordine sparso, stabilimento per stabilimento, gruppo societario per gruppo societario, territorio per territorio. E in ordine sparso tentano lo sfondamento strategico. In attesa che l’inevitabile ricambio di governo fornisca organicità all’attacco. Così come la direzione rivoluzionaria del movimento operaio ha la funzione di generalizzare e far avanzare le lotte, così il padronato si attende dalla nuova direzione renziana un progetto di generalizzazione e stabilizzazione organica dei singoli sfondamenti strategici che ora si tentano stabilimento per stabilimento. Dopo trentacinque anni di attacco permanente contro il salario, trincea dopo trincea, ora il padronato vuole tentare l’assalto, in attesa che Renzi salga a Palazzo Chigi per completare l’azione di sfondamento contro la classe lavoratrice. I campioni di filisteismo, Camusso e Landini, faranno di tutto per organizzare anche questa sconfitta del movimento operaio. Sciopero a oltranza, comitato di sciopero, cassa nazionale di resistenza e occupazione degli stabilimenti, sono gli strumenti che abbiamo per difendere l’autonomia della classe dalle burocrazie sindacali neocorporative. Ripeteremo queste parole d’ordine fino alla nausea, perché in esse è condensata l’esperienza storica del movimento operaio e perché essi sono gli strumenti per vincere. Ripeteremo queste parole d’ordine e infonderemo alla classe operaia la massima fiducia in se stessa. Perché la borghesia ha il panico, è spaventata a morte dalla crisi che non riesce a superare. La borghesia è consapevole o almeno percepisce di essere in un vicolo cieco. Deve attaccare il salario e le condizioni di lavoro per azionare la principale causa antagonistica della caduta tendenziale del saggio di profitto. Ma ogni Paese che riduce il costo del lavoro, è immediatamente superato dal Paese concorrente che riduce il costo del lavoro a un livello ancora inferiore. E’ un processo continuo, che il capitalismo non può arrestare. Ogni capitalista, ogni gruppo di capitalisti, ogni Paese, ogni gruppo di Paesi, agisce alla cieca attaccando il salario, ma tutti insieme ottengono un risultato non voluto: la compressione salariale di ciascuno determina la compressione generale della capacità sociale di consumo, della domanda sociale solvibile di beni e servizi. Dal caos delle azioni innumerevoli dei capitalisti esce inevitabile l’accelerazione della tendenza al sottoconsumo, che è l’altro lato della sovraproduzione. Per recuperare il saggio di profitto, è aggravata la sovraproduzione. Per uscire dalla crisi si aggrava la fonte della crisi. La politica della riduzione del costo del lavoro è il piano inclinato sopra il quale il capitalismo scivola da una crisi a un’altra crisi sempre più violenta e sempre più autodistruttiva. E questo processo continua fino a costringere il proletariato a prendere coscienza della necessità della rivoluzione sociale. Sarà una classe sociale storicamente giovane, e non un giovane uomo politico, a cambiare verso a questo Paese e all’Europa. Sarà una nuova classe sociale al potere, e non un nuovo Presidente del Consiglio della vecchia classe sociale parassitaria. Sarà la classe lavoratrice, scossa dagli eventi e diretta dal Partito Comunista, a cambiare le cose. Assume allora un’urgenza drammatica il compito storico della costruzione del Partito Comunista, come Partito di militanti che si elevano costantemente per diventare scienziati e, al tempo stesso, combattenti.

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