14.2.14

La Legge Fini – Giovanardi

Si era nel 2006, più o meno alla vigilia delle Olimpiadi invernali di Torino, quando, secondo un vizietto, tutto della politica italiana, nel decreto formulato ad hoc per questo evento, fu introdotta una legge che discuteva di tutt'altra cosa, (meccanica questa della quale abbiamo diversi esempi, sia nel passato, che recenti e recentissimi), legge, poi conosciuta come la Fini – Giovanardi, che dava un nuovo assetto ai reati connessi agli stupefacenti equiparando le droghe leggere a quelle pesanti e livellando verso l’alto reati e pene.
Il 12 febbraio del 2014, praticamente l'altro ieri (otto anni dopo) la Corte Costituzionale ha bocciato questa legge perché, "Nella norma di conversione - dice la Consulta - furono inseriti emendamenti estranei all'oggetto e alle finalità del decreto.".

In sostanza la questione di legittimità della legge è stata sollevata dalla Cassazione per la violazione dell'articolo 77 della Costituzione, perché nel 2006 erano state inserite, sotto forma di emendamento, in fase di conversione, nel decreto legge sulle Olimpiadi invernali di Torino del 2006 le norme di cui alla legge Fini – Giovanardi, materia che, secondo la Suprema Corte, era estranea all'oggetto e alla finalità del testo di partenza.

Senza perdersi in tecnicismi legislativi, nonostante la bocciatura della legge del 2006 avvenga per ragioni tecnico-formali la decisione è di quelle che scatenerà un putiferio perché ora si dovrà tornare alla normativa precedente e cioè alla Jervolino – Vassalli del 1990: una legge definita ai suoi tempi talmente criminogena e liberticida che nel 1993 un referendum l’abrogò in parte alleggerendo le pene per i consumatori di droghe leggere e quindi a un trattamento penale differenziato tra droghe pesanti e leggere, per cui, a effetto di tutto quanto i condannati per quest’ultime non rischieranno pene superiori ai sei anni (quella abolita prevededava una pena massima fino a venti anni anche per il solo possesso).

A fare i conti su come questa decisione influirà sulla popolazione carceraria è Patrizio Gonnella, attuale numero uno di Antigone, che sottolinea gli effetti sul sovraffollamento nelle patrie galere: “24mila persone, il 40 per cento del totale, sono recluse per imputazioni che riguardano una normativa dichiarata illegittima.
A chi è in custodia cautelare si applicheranno le norme previste dalla Jervolino - Vassalli, mentre i condannati definitivi potranno richiedere il ricalcolo della pena per incidente di esecuzione.”.

Su tutto l'argomento ci sono un paio di riflessioni da fare: la prima è l'amara considerazione che in un paese che si vanta di esser civile e democratico, passino otto anni perché accada una cosa del genere, le altre lasciano un sapore peggiore e se la buona notizia è che la legge sia stata dichiarata incostituzionale, quella brutta è che tanta gente ci abbia rimesso anni di vita per una legge illegale.

E sì, perché, se questa legge non fosse passata o fosse stato dichiarato incostituzionale, in tempi ragionevoli, il suo metodo di approvazione e quindi legge illegittima, molte persone non sarebbero in galera e qualcun altro non sarebbe morto.
L'altra considerazione è che nessuna legge che riguarda l'argomento, viene formulata partendo da un concetto semplicissimo: chi fa uso di droghe vive un disagio e andrebbe aiutato, ma questo è un altro aspetto dello stato sociale che non c'è.

È ovvio che in tutto questo le vestali della destra politica, guardiani dell'ordine e della disciplina, abbiano detto ferro e fuoco della decisione della Consulta fino a esprimere, attraverso un loro autorevole esponente, una vera e propria punta di diamante, formulata in tal modo: il pronunciamento della Consulta avrà “… ricadute sociali devastanti” perché prevedendo pene più miti “… incrementerà lo spaccio e il consumo di stupefacenti.”.
Conclusione: la Corte costituzionale è sempre più “… un grave problema di questo Paese” perché sta diventando uno “… strumento di demolizione della società italiana”.

Resistenza Rossa



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