4.9.14

FARINETTI: LA STORIA NEANCHE TROPPO FANTASIOSA DI UN CAPITALISTA



Il capitalismo contempla varie sfumature, capita anche che adoperi fogge e vocaboli nuovi, come lo stile tutto New Age di Farinetti, cultore di grandi autori della letteratura russa, cosa che gli fa dichiarare: ” rileggendo per la ventisettesima volta l’Idiota di Dostoevskij...  - io i libri li dimentico, così li rileggo di continuo - ho ritrovato il passaggio in cui fa dire al principe: la bellezza salverà il mondo! Allora io dico: la bellezza salverà l’Italia!”, un comunardo moderno dall’animo giacobino e un po’ Osho, con questa sofisticatissima idea di accreditarsi di sinistra (chissà magari anche perché estimatore della letteratura della seconda metà dell’ottocento russo).
 “Certo. Se non avessi avuto mio padre, avrei fatto l’operaio. Bisogna tenere in piedi lo Stato sociale, abolire le lobby, gli egoismi organizzati. Senza altruismo si muore.”.
Coerentemente a questa sua dichiarazione i giovani assunti nella filiale di Firenze vedranno, a giorni, scadere e non rinnovato, il proprio contratto e così per almeno la metà di quei dipendenti, assunti sin dall’apertura dell’esercizio, nel dicembre 2013.

Questo primo sciopero, ha in sé un eco che si fa squarcio ed è simbolo e segno di quel liberismo dal volto (dis)umano che tenta grossolanamente di mascherare il ghigno affamato di profitto di cui l’imprenditoria di ispirazione renziana è espressione piena nella città, che è stata culla e trampolino della scalata politica di Matteo Renzi, accompagnandone i passi, fino all’attuale capitolo della presidenza del Consiglio.
E così, sabato 30 e domenica 31 agosto, la protesta si fa amara come lo è stato questo scorcio di fine estate per alcuni giovani dipendenti, assunti con contratti a termine e con la mediazione di un'agenzia interinale, ai quali l'azienda ha comunicato che non saranno rinnovati e non sono gli unici, dal momento che analoga sorte tocca ad altri sessanta ragazzi, in pratica il 50% del personale della sede di Firenze.

Lo store di Firenze, viene inaugurato dal patron Oscar Farinetti, nel dicembre 2013 con la presenza di un Matteo Renzi, ancora sindaco; in precedenza, quegli stessi locali, ovviamente ristrutturati per la nuova attività, erano stati sede della libreria Martelli che prima si chiamava Marzocco e prima ancoraBemporad, nome che, per chi ha buona memoria, sa appartenere all’editore che pubblicò Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi.
Il patron Farinetti (che a quanto pare ossessionato dalla bellezza sembra avere con questa un conto in sospeso), quando sostiene: ”Solo la bellezza, ci aiuterà a salvare l’Italia.”, si rivela, di fatto, mercificatore e fruitore di questa, unicamente per il proprio profitto; Milano, tanto per fare un esempio, ha visto lo smantellamento del teatro Smeraldo e la sua trasformazione nella più grande catena d’Italia, operazione che fin dall’inizio è stata cassa di risonanza di molte critiche e malumori.
Di Farinetti, inoltre, non si può dire che non sia uomo versatile e pronto a rivedere le proprie opinioni, soprattutto se il “rivedere” è teso ad amicizie influenti, che possano tornargli utili.

A un tale liberista in versione santone, a cui è stato permesso di aver edificato questa sorta di mastodonte dell’alimentazione, poco importa che il teatro Smeraldo, fosse uno spazio di vera condivisione della cittadinanza, che non ha mai battuto cassa, chiedendo fondi al comune, capace di organizzare eventi musicali anche di un certo spessore; non deve essere stato facile e, infatti, così non è stato, e non poteva essere altrimenti, indorare la pillola dell’aver trasformato un luogo dove era possibile fare cultura, in un tempio dei mercanti, da capitale del territorio a territorio del capitale” e preziose devono essere state certe relazioni se dopo una intervista fatta alla Zanzara: “A Eataly è vietato l’ingresso a persone come Calderoli, non può entrare per motivi di igiene. [...] Calderoli e Borghezio dovrebbero dimettersi da umani, da uomini, perché dimostrano dicendo queste cose che non hanno coscienza e la coscienza è la molla che ha trasformato le scimmie in umani. Loro sono rimasti scimmie, Calderoli è una scimmia.”.
E quando il partigiano renziano, profondo conoscitore dei buoni vini, il progressista democratizzatore degli alti cibi, l’operaio mancato, il difensore dei lavoratori e dell’artigianato nostrano, in un’intervista, affermò che se la Lega avesse vinto in Lombardia “… a Milano non (avrebbe aperto) Eataly ma un kebab. [...] A me fa una paura terribile l’idea che vincano.”, qualcosa già strideva nel sinistro rumore del dietrofront e infatti accade che a Natale, Oscar, durante una lectio alle Italian Sessions di Torino nel 2011, nel decalogo da lui redatto per avere successo, sancisce che è fondamentale“coltivare l’amicizia” ed è questo il motivo per cui a Marzo, consapevole che il libero mercato, ha pur bisogno di patrocinatori politici che benedicano la possibilità di allungare la mano e arraffare spazi, luoghi, persone e consumatori, decise di rimettere le proprie intemperanze verbali al cospetto di Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia:
“Ho fatto una cavolata e ho deciso di chiedergli scusa – dichiarò Farinetti – per questo l’ho invitato Martedì (18 marzo, giorno dell’inaugurazione ufficiale di Eataly Milano). Gli farò uno scherzo: lo porterò in macelleria e farò un manzobab. Non vedo l’ora di diventare suo amico e suo simpatizzante.”; questo è il personaggio Marinetti e niente può descriverlo meglio di quanto lui stesso va dichiarando in giro.

Ritornando, comunque, a quanto accaduto qualche giorno fa e ragionando su Eataly Firenze, ciò che è importante davvero sottolineare come sia in realtà davvero piuttosto singolare che in un’azienda che si fregia di tutela e rispetto per i lavoratori, di fatto, questi siano tenuti per la gola, precari sempre a limite del licenziamento, cosa evidenziata anche da un comunicato Cobas che ha appoggiato la protesta, presentando un comunicato nel quale si sottolineava come  l’azienda sia fosse colpevole del: “mancato rinnovo dei contratti di somministrazione in scadenza, della mancata stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, della totale arbitrarietà dell'azienda nell'organizzazione del lavoro e del rifiuto a un qualsiasi confronto con i lavoratori.”.
Lo store, si mantiene sulla fame e l’angoscia di persone che lavorano sul continuo filo del rasoio, c’è da aggiungere poi, che la Filcams[1], non ha neanche un delegato in Eataly Firenze e di avere serie difficoltà nella costruzione di una rappresentanza sindacale, i Cobas, inoltre, informano che a Firenze, ci sarebbe un solo addetto alla la sicurezza, ma di nomina aziendale mentre non ve n’è alcuno nominato dai lavoratori.
L’unica voce discordante  è arrivata (siamo maliziosi nel chiedercene la cagione?) da Francesco Farinetti, amministratore delegato Eataly, figlio del patron, che sostiene: «I ragazzi che ci lavoravano erano centotrentuno, mentre oggi sono novantasette, quindi non la metà. C’è stato un calo fisiologico che si deve al fatto che in fase di start up e in corrispondenza del periodo natalizio le persone presenti in negozio aumentano. Il feedback che avevamo e che abbiamo oggi da Firenze però è positivo e siamo disponibili al dialogo anche con i sindacati.”.

Purtroppo la storia si ripete e racconta che non esiste imprenditore che, se decida d’arricchirsi, possa permettersi generosità nelle intenzioni e che in definitiva non ne dispone, perché l’accumulazione, richiede necessariamente la soppressione di un diritto, la negazione di una possibilità, il sottrarre per avere e ottenere e di più; il tutto può accadere solo sulla pelle dell’uomo e in ciò non vi è contenuta alcuna gentilezza o coscienza di classe che non sia la propria: quella del privilegio.

E così dopo New York e Roma, Eataly si appresta all’avventura londinese, notizia che un trepidante Oscar Farinetti ha dato, parlando al Meeting di Rimini.

Peccato abbia omesso di parlare dei fatti di Firenze e che da quattrinaio, non abbia fatto presente che a Eataly non si sia mai tenuta alcuna assemblea o che fare richiesta ai propri dipendenti di un cambio di turno nel giro di poche ore non sia evento così raro, come decidere di mandarlo a casa.

L'affarista che era nel toto governo del Pd e che a un Cota, stizzito (ma accadeva prima di farsi diventare simpatica la Lega), rispose di essere a capo di una realtà industriale all’avanguardia, dove gli stipendi erano più alti della media riconosciuta dagli accordi di categoria, pagando anche “la quindicesima e così in crescita da essere riuscita, nel corso del 2013 a creare 1500 posti di lavoro in Italia e nel mondo”,  in realtà non smentisce la sua natura di avido padrone.

Firenze, infatti, non è un caso isolato: quando aprì a Bari, nell'estate 2013, i sindacati, non mancarono di evidenziare che il faccendiere, aveva la mano piuttosto disinvolta nella somministrazione di contratti interinali, applicati a sessanta dei centosettantatre lavoratori, nonostante la legge Biagi stabilisse che a un'azienda con oltre cinquanta dipendenti non è dato superare la proporzione dell'8%.

Anche in questa occasione Farinetti dovette arrampicarsi sugli specchi, sostenendo che non gli era possibile, a causa di permessi temporanei, fare diversamente; sta di fatto che lo sfruttamento, nella sua applicazione, non trova mai formule linguistiche e soluzioni che non siano quelle che implicano il ladrocinio della dignità ma anche delle promesse contrattuali che sulla carta però, non coincidono mai.

E anche da Eataly Roma, infatti, venne fuori la solita realtà fatta di lavoratori precari, pagati otto euro all'ora e addirittura perquisiti all'uscita per assicurarsi che nessuno di questi, rubasse alcuno dei pregiati e lussuosi prodotti in vendita, prodotti, tra l’altro nei riguardi dei quali non è mancata l’attenzione del Codacons, dal momento che si vendono come di qualità, solo per l’etichetta made in Italy che sulla fiducia dovrebbe comprovarne la veridicità.

Purtroppo la morale di quanto sin qui esposto, ancora una volta indica che non esiste un padrone buono e di lui e di tutta una classe che rappresenta, sembrerebbe farne la migliore descrizione Lev Nikolàevič Tolstòj (tanto per citare un autore russo, categoria tanto cara a Marinetti) quando scrive: ”Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi e intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.”.

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