19.12.15

La repressione si radicalizza perché pare proprio che sia possibile alzare la testa.




Ragioniamo sui figli, qualcuno disse dei proletari (o dei poveri ma in quell’ odore riconoscibile, di nostalgia di incenso e penitenza): Il SAP – sindacato di polizia – lo riconosciamo per molte meritorie azioni, però a me piace ricordarlo, soprattutto quando i responsabili della morte di Federico Aldrovandi furono accolti da scroscianti applausi proprio dai rappresentanti di questo sindacato. Parliamo di quell’organizzazione di uomini dediti alla giurisprudenza della repressione preventiva che nel placet alla schedatura dei manifestanti, si illanguidisce per la Legge Reale e che spera che il Ministero degli Interni si predisponga in adeguamenti legislativi che ci rendano simili ad una miniatura di fascista perfezione nella coercizione politica. Dunque: se si reclama da una parte una piazza puramente rappresentativa dello scontro e devitalizzata, si invocano pene severissime per chi usa un casco, qualora malauguratamente ma soprattutto accidentalmente un manganello arrivi a spaccare una o più teste o l’incancrenimento di misure come il Daspo per sfoltirne rabbia e numeri. La rendicontazione è accurata da parte del sindacato dei questurini, tanto che ci informa che l’equipaggiamento oramai si rende obsoleto; da Genova 2001, infondo sono trascorsi sedici anni. Eppure, curioso a dirsi, all’epoca, i tonfa avevano ordinanze restrittive per l’utilizzo. Ma le progressive sorti delle avanguardie del regime ne auspicano – già avviene – l’applicazione. L’identificazione si realizzerebbe con la possibilità che rende ciò più evidente dai fucili marcatori, nuovi di pacca che ci colorerebbero tutti di verde, con palline caricate a vernice. Mentre le telecamere, già abbondantemente in uso, fanno buona guardia. In aggiunta, abbiamo i lacrimogeni CS, utile barriera tra gendarmi e manifestanti. E’ ben risaputo del salubre respiro che restituiscono: i CS, ti squassano il petto, ti bruciano i polmoni, ne colmano le mucose di fame di aria e affanno e se a questi se ne dà il veto nelle convenzioni internazionali per i conflitti armati, non subiscono la stessa restrittività in ragioni di ordine pubblico. Poi abbiamo gli entusiasti dei proiettili di gomma, che possono tramortirti, anzi proprio ucciderti e non solo crearti un trauma fisico. Uniformi più robuste, scudi in kevlar, il plexiglass, è questione del ventesimo secolo, fondine con sistemi antifurto e poi il rifiuto al codice identificativo sulle uniformi, come se le forze dell’ordine non abbiano il modo di difendere il proprio ordine, nel l’impunibilità. Come se a Bolzaneto un codice simil-a barre, ne avesse denunciato e fermato il massacro. Dobbiamo molto al governo Maroni, quello che piaceva tanto al forcaiolo Saviano e alla militarizzazione successiva della società di cui con tanta premura ci si preoccupa, civile. Per intenderci, quella che proprio sente il bisogno di un giro di vite securitario. E mentre il proletariato, quello a cui riconosco legittimità e non ricami teorici o poetici (e che è stato declinato in accezioni ogni volta differenti ma che in definitiva è e resta il soggetto sociale che racchiude la propria sopraffazione nella sempiterna e mai flessibile regola dello sfruttamento), continua ad esser vittima di tutori dell’ordine (che certo, non è possibile immaginare vulnerabili) tra i facchini della logistica, i lavoratori, i precari, i disoccupati, i migranti, gli sgomberati a cui il diritto della casa e dunque all’esistenza, è escluso, gli studenti; la storia si ripete, la storia ricavata dalla borghesia, sulla pelle, nella lucidatura delle catene. Il nemico è forte, sia giuridicamente che militarmente e nello sgretolamento della capacità di realizzarsi forza collettiva. La narrazione dell’esistente, non andrebbe dunque realizzata come un periodo ipotetico di coscienza svanita, ma in un presente indicativo di appropriazione del reale, delle forze in campo, delle proprie debolezze. Non esiste classe senza lotta. I diseredati, sono questione che attiene alle Chiese, ad espiazioni escatologie, prossime, venture. Esiste l’offensiva di classe. Esiste solo un rapporto dialettico con il potere. La repressione si radicalizza, spaventata, perché pare proprio che sia possibile alzare la testa.

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