21.3.18

LA VENDETTA TERMIDORIANA DELLE CLASSI DOMINANTI TROVA DI CONTINUO SPUNTI NUOVI: SIAMO SOLIDALI A BARBARA BALZERANI E CONTRO LA RISOLUZIONE DI SGOMBERO DEL CPA SENZA SE E SENZA MA





Vi sono molti fatti da menzionare, all’attenzione basterebbe anche solo uno, quello della visita di Fiore a Bologna, degli antifascisti che unici, si sono visti respingerlo e di come sia stata successivamente raccolta la vulgata di questo avvenimento. Alcune situazioni sono però differenti e pare che si riservino a queste, reazioni che non sono uguali, tanto che talune sono scomposte, sudate. Barbara Balzerani presenta al Cpa di Firenze un suo libro. 

Barbara Balzerani ha scontato 25 anni ed è libera, è fuori dal carcere e ha la possibilità di presentare un libro, ovviamente può e potrebbe anche raccontare una fase storica che l’ha vista partecipe, protagonista. 

Perché piaccia o meno ai vessilliferi della democrazia per cui il neofascismo non è reato e non lo è nelle proprie strutture tanto da aver concorso alla tornata elettorale ma raccontare la lotta armata, sì, che Barbara proprio per quella agibilità al tempo "di dopo" che la democrazia concederebbe (cosi si sostiene), può raccontare e raccontarsi, può anche, non essendo pentita, continuare ad avere un focus che è coerente alle vicende di quegli anni, sull’analisi di classe, su cosa lei oggi intenda e intendesse della violenza e cosa sia e si consideri il monopolio della stessa che è diverso ovviamente da quello di coloro che reputano legittimo allontanare con degli idranti donne, bambini e rifugiati e non solo: può anche discuterne (e naturalmente anche vendere il proprio libro, consigliera Collesei). 

Ma Barbara non mette il saio, insomma vi è una storia che non si assimila e non si fa assimilare, vi è una storia come quella di Bighorne dove non tutti gli indiani finivano nelle riserve ad imparare l’alfabeto degli angli e dei sassoni, a farsi vestire come gli inglesi delle colonie, ammansire dal reverendo o a farsi comprare con un po’ di scotch. Vi sono stati anche i Tecumseh. 

Eppure la violenza appartiene solo alla Balzerani che ricorda quei percorsi, che ha una sua idea anche su ciò che intende e crede delle vittime, mentre non lo è affatto quella di Razzanelli che nella diretta del Comune che tutti abbiamo seguito, sostiene che dopo un ergastolo, non bisognerebbe presentare libri ma andare direttamente al camposanto e che tale affermazione non graffi come un gesso su una di quelle vecchie lavagne di scuola. O piuttosto non metta in allerta e ricordi che la violenza è la conquista di un’ideologia che la applica, la santifica o la rende necessaria di prassi secondo un sistema di valori che le è proprio e che certo non può appartenere a chi a quella, ha risposto con un tentativo di rovesciamento dei rapporti di forza che: bene, benissimo, male, malissimo, poteva diversamente – ha comunque fatto proprio. E così accade che la povertà coatta a cui si viene condotti dalla violenza dei tagli alla spesa pubblica, non sia violenza ma “necessità”, che la violenza nello sfruttamento della forza lavoro nella Buona Scuola, non sia violenza ma “esperienza”, che il Job’s Act non sia il cappio al collo dei lavoratori ma un’opportunità, che la Legge Fornero non sia violenta e ingiusta ma congegnata per il (fantasioso) risanamento delle casse dell’Inps e che infondo, non sia troppo violenta neanche la violenza di un uomo che spara ad un altro dopo sette anni della stessa rabbia, perché si tratta di uno scellerato e non dell’occhiuto, lento, pervicace sdoganamento del razzismo. 

Né si tratta di violenza neanche quando si offre sponda istituzionale ad un invasato che nel proprio programma, predica la ri-colonizzazione della Libia con un’organizzazione tra l’altro, rea di innumerevoli omicidi e aggressioni e che orgogliosamente si richiama al fascismo – ma semmai - rientra nelle caleidoscopiche meraviglie che tale sistema propone come dovute, addirittura lecite in uno “stato di diritto”. Ed io che poco da questo ne sono abbacinata, osservo tutto sommato non stupita la damnatio memoriae che vorrebbe condurre per mano la Balzerani fuori le mura della città. E così violenti, sono il Cpa e Barbara Balzerani che di quel percorso non rinnega nulla, così violenti che per lei si apre un fascicolo della procura e per il Cpa, richiesta la chiusura. Ma come il pluralismo democratico, non si propone nelle innumerevoli promesse dell’incontro? E che mi combina? Di un luogo che ha fatto dell’aggregazione il suo punto di forza, della lotta la propria motivazione, nelle vertenze del lavoro, nel monitoraggio con assemblee antifasciste e antirazziste la propria ragione, osservatore di fenomeni pericolosi e che rischiavano e che sono diventati endemici (abbiamo trovato la pietra focaia forse che dà fuoco all’intera questione), che ha denunciato i prestanome e i tramiti con cui Casapound si faceva le proprie sedi, che ha difeso in piazza le aggressioni ai compagni, lo rende il casus belli per cui chiedere, invocare e applicare l’abacadabra di questi anni: la legalità, la scure della legalità (fateci caso: pronunci questa parolina e ti vedi vicini vicini con gli occhi sbrilluccicanti Minniti, Fratelli d’Italia, FI, M5s, PD, le consorterie a destra..: è prodigiosa)? . 

Il Cpa è un centro popolare autogestito. Vero. Ha reso un quartiere vitale. Ha fatto cultura. Ha fatto antagonismo di classe. Il Cpa allora è pericoloso, perché ricorda che in uno spazio liberato, le narrazioni possono essere differenti. E così se Sguanci, presidente del Quartiere (PD) ebbe modo di scrivere su Facebook “Nessuno ha fatto quello che ha fatto Mussolini in vent'anni” e lo stesso Cellai – ricordatevi sempre della diretta seguita ieri - che tanto si indigna per il Cpa, pensò di chiosare con un: “Le frasi di Sguanci? Un'opinione che può starci” (pure i social network non scampano alla ragione dei figli e dei figliastri?), allora possono accadere davvero molte cose come di segnale pericoloso, soprattutto perché diventano “normali” e che un giorno si scorga, affissa ad una parete di un ufficio della caserma dei carabinieri Baldissera (in cui hanno sede il sesto battaglione dell'Arma ma anche il comando regionale), una bandiera che rimandi all'aquila tedesca e alla croce militare dell'esercito tedesco e che sia considerata semplicemente un cimelio. 

Avamposti, evidentemente, in cui i confini di ciò che sto provando a descrivere qui sopra sono più chiari, più netti ed evidenti. E intanto, mentre la violenza, quella di un sistema che è colonna portante dell’intero esistente, fa il lavoro dell’ acqua che scava il marmo, succede che di quella non vi stupiate più e che a quella e a quella sola, nella condanna ad ogni alterità, diate ogni giorno, tutti giorni, quotidianamente del “tu” e pensiate ad uno sgombero - dove negli anni uomini e donne, negli sforzi, nella militanza, nelle forze, hanno tracciato percorsi con fatica, gioia, costruzione, dando direzione - come ad una cosa giusta.

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