7.3.14

IL PCL E' SEMPRE ACCANTO AI LAVORATORI, SEMPRE CONTRO IL FASCISMO E LA REPRESSIONE

Non manca molto al 25 aprile, una ricorrenza ancora sentita da molti italiani per la sua innegabile valenza antifascista, allora cosa accade, perlomeno qui a Firenze? Con anticipo la destra ripropone la sua presenza, sfilando, ma forse marciando è il termine più corrispondente, per le strade di Firenze. Questo prepararsi, riproporsi riciclati, rinnovati, nell’ennesima ansia di una improbabile legittimazione, difficilmente riuscirà a trasmettere immagini diverse, perché i soggetti sono sempre gli stessi: ci sono i fascisti di Casaggì i quali hanno la necessità di vantare una propria indipendenza culturale, anche se sono una filiazione ludica di Fratelli d’Italia, ma l’occasione è di quelle ghiotte, considerati i prossimi appuntamenti delle elezioni comunali ed europee. Poi ci sono quelli di Casapound, la destra in piena sintonia con i neo-nazisti di Alba Dorata; e d’altronde come potrebbero mancare, considerate le loro tentacolari coperture, anche se protagonisti di aggressioni, dell'omicidio dei lavoratori senegalesi in piazza Dalmazia e del pestaggio di Piazza della Repubblica. Il loro esporsi per le strade segue sempre lo stesso copione e utilizza sempre lo stesso ingrediente per confezionare la ricetta: lo sventolio del tricolore riproposto come simbolo della nazione, come catalizzante dell’unità di un popolo per il quale loro si accreditano come garanti di un riscatto politico e culturale; peccato, però, che, se ci si riflette un po’ sopra, magari ne esce che molti preferiscano sventolare il tricolore, quando gioca la nazionale di calcio, piuttosto che per motivi più seri. Ma a prescindere da questa considerazione è il caso di farsi qualche domanda, di chiedersi chi e cosa siano ormai diventati molti italiani: abbiamo esempi illustri di padroni che decentrano il lavoro per costi minori, altri che invece non investono in sicurezza, tanto morto un operaio, c’è ne tanti a disposizione. Poi c’è il capitolo a parte di quelli che inquinano, con le proprie lavorazioni o che avvelenano l’ambiente commerciando in rifiuti tossici. E che dire di quelli per i quali le catastrofi naturali sono solo un colpo di fortuna da sfruttare come operazione commerciale per incrementare il proprio capitale. L’elenco è lungo, variegato e con troppi dubbi che non verranno mai chiariti: è forse giusto accusare di terrorismo chi difende il proprio territorio, chi manifesta a tutela della salute dei propri figli o chi lo fa contro un sistema nemico dei lavoratori, i cui meccanismi si affinano sempre di più per proteggere chi ha già molto, perché possano aggiungere ancora altro? C’è uno sfacciato uso politico della parola italiani e di un corrispondente concetto del “siamo tutti sulla stessa barca”: non è vero, troppe barche fanno acqua e quest’ansia sbandierata di una imprescindibile unità di popolo altro non è che una strumentalizzazione del malcontento per promuovere idee di prevaricazione, razzismo, xenofobia e violenza. La parola “popolo” viene usata per svalutare le ingiuste contraddizioni presenti nella società, utilizzando l’ormai collaudato approccio corporativo, in cui un logoro e ritrito interesse nazionale, serve solo ad avvilire la lotta dei lavoratori. Mai come oggi, bisognerebbe far chiarezza sul significato della propria identità di appartenenza: con la globalizzazione acquista sempre meno significato il concetto di collocazione etnica; esistono diritti che dovrebbero valere per tutti e di conseguenza far riconoscere la propria appartenenza nell’esser lavoratori, studenti, disoccupati, senza casa, poveri, emarginati, in un cerchio dove non sia l’etnia o il proprio retroterra a fare le differenze, un cerchio dove solidarietà, aiuto, comprensione dei problemi altrui vengano coniugate non come virtù, ma come regole di vita. Purtroppo, in nome e per conto di un certo garantismo, facendo leva sulle paure indotte dai meccanismi di crisi, in Italia e non solo, è in atto una stretta che non tollera in alcuna maniera, alcun dissenso. A Roma e Napoli, alcuni, di quanti lottano per il dritto alla casa, sono stati oggetto di misure cautelari, a Firenze vi è una teoria infinita di sgombri di edifici occupati, perché vuoti e inutilizzati e che comunque rimangono, vuoti e inutilizzati dopo gli sgomberi; sempre a Firenze i lavoratori ATAF che hanno inteso difendere il proprio posto di lavoro, si sono ritrovati sanzionati, ma la migliore, in questo variegato campo delle colpe e delle pene, rimane quella dell’accusa di TERRORISMO, per quattro militanti NOTAV, per aver danneggiato un generatore. Bisogna smascherare l’approccio di chi parla di popolo, perché il tutto è comunque fatto in difesa di interessi in contrasto con quelli dei lavoratori e delle classi meno abbienti, la cui unica possibilità di rivalsa rimane il fare fronte unito contro la società del capitale per poterne generare una priva di diseguaglianze e discriminazioni. Firenze è una città il cui valore antifascista rimane vivo, capitale da non disperdere e da conservare come unica reale alternativa per offrire solidarietà a quanti ne hanno bisogno. 

SABATO 15 MARZO CORTEO ORE 15.00 PIAZZA SAN MARCO

Nessun commento:

Sostieni il PCL

Sono in vendita le nuove magliette del PCl a 12 € l'una più spese di spedizione, mettiti in contatto con la nostra mail per acquistarle