La parola Repressione ha
origini remote, la troviamo già in uso della lingua latina, perché sin da
allora, e in tutte le civiltà a lei precedenti, questa parola serviva a
definire l’azione, a volte, intimidatoria, in altri casi violenta, con
l’utilizzo della quale, le autorità, o chi per esse esercitava il potere, si
opponevano a tutte quelle istanze di popolo che in qualche maniera turbava la
serenità di quello che comunemente viene definito ordine costituito.
È
un caso che l’attivista a cui facciamo riferimento sia presente nel Movimento di lotta per la casa?
I
fatti: nella serata di martedì 23 settembre, in
Via Baracca 18, si stava discutendo e portando a termine, la riunione del
Movimento; un attivista, ad assemblea terminata, si muoveva
con la sua macchina in direzione della sua
abitazione che attualmente è nell’edificio occupato
dell’ex Hotel Concorde.
Durante il tragitto ha realizzato di essere inseguito da un furgone
bianco che a bordo aveva alcune persone e nessuna resistenza ha opposto, quando, avendo visto che sul furgone era stata esposta la sirena
lampeggiante blu, ha capito che le persone erano
poliziotti in borghese, per cui ha accostato l’auto senza problemi o
rimostranze.
In verità, parlare o dire qualsiasi cosa sarebbe stato inutile,
visto che gli agenti, senza alcuna spiegazione lo hanno ammanettato se non dopo
essersi lasciati andare al solito copione di un’aggressione a suon di calci e
pugni.
Finalmente, poi, è sortita la motivazione che ha sferzato l’aria
come una scudisciata: "Occupate le case! Rubate
la luce!".
Queste
le ragioni ritenute sufficienti perché una tale violazione, fosse giustificata e
giustificabile.
Il
resto è storia la cui trama è sempre la stessa: l’uomo,
esce dalla Questura dopo essersi beccato una
denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e ciò sarebbe il meno,
se questa vicenda non fosse stranamente di poco successiva alla
conferenza stampa del Movimento sulla tragica fine di Raphael, ragazzo
nigeriano di diciotto anni, morto durante un controllo di polizia sulla cui morte rimangono interrogativi aperti e sulle
modalità dell’operazione e sulle poco congruenti versioni date dalla
questura, molto probabilmente, per coprire la dinamica dell’accaduto.
L’aggressione,
intollerabile, è una vera e propria azione di
rappresaglia avverso il Movimento che riunisce e rappresenta,
per buona parte, quegli uomini e quelle donne che alla povertà, agli spazi negati, alle leggi ingiuste, rispondono con forza,
con il coraggio di chi ha iniziato e da un po’ a combattere l’arroganza
borghese e gli abusi che sempre più di frequente il
potere, attraverso tutti i suoi canali, usa per mettere in atto la sua repressione.
Il
movente resta quindi, senza alcun dubbio, politico.
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