8.2.15

UCRAINA, TRA USA ED UE. SALTA IL BANCO?

Questa brutta storia è iniziata almeno quattro anni fa, quando l’UE, offrendo in cambio collaborazione, aiuti finanziari e libero scambio delle merci, aveva iniziato a corteggiare, senza prevederne l’ingresso nell’UE, paesi come Azerbaijan, Georgia, Moldavia, Bielorussia, Ucraina e Armenia, con il progetto di formare una sorta di alleanza orientale con lo scopo, nemmeno troppo celato, di sottrarre tutta la regione all’influenza della Russia.
Cosa accade dunque in Ucraina e perché l’Ucraina?
Brevemente va ricordato che con questo paese sotto l’influenza occidentale, i confini del fianco sud di Russia e Bielorussia risulterebbero sguarniti e va anche detto che, da sempre la Russia ha intrattenuto con l’Ucraina una fitta rete di relazioni commerciali e che aveva rilanciato, a fronte di quelle fatte dall’UE, numerose offerte affinché fosse possibile metterne in sesto le disastrate condizioni economiche.
Il presidente Yanukovich aveva guardato con interesse a tutto questo, ma poi gli avvenimenti hanno preso una piega diversa: i tre maggiori partiti di opposizione, Batkiwschtschina, il partito di Julija Tymošenko la leader della Rivoluzione Arancione del 2004, l’UDAR, il partito cristiano-conservatore, guidato dall’ex pugile Witali Klitschko, (entrambi sostenuti dai cristiano democratici tedeschi della CDU e dalla sua fondazione Konrad Adenauer) e Swoboda, il partito nazionalista di estrema destra guidato da Oleh Tjahnybok, hanno fatto fronte comune e dopo drammatici giorni di scontri, con quello che non si può altrimenti definire se non colpo di stato, Viktor Yanukovich, è stato deposto e la guida del paese è stata affidata a Petro Oleksiyovych Poroshenko, fantoccio nelle mani degli USA, dell’UE e di potentissimi gruppi di oligarchi ucraini.
La popolazione di quelle terre si è quindi ritrovata divisa con una parte che guarda all’occidente e con un’altra che guarda alla Russia ed è più o meno da un anno che, tra scambi di cannonate, summit delle varie diplomazie, negoziati ufficiali e non, sanzioni economiche alla Russia, la situazione e rimasta sempre piuttosto fluida, con punte di incandescenza e continue dichiarazioni di buone intenzioni, fino ad arrivare, in questi ultimi giorni, all’inasprimento di un insieme già complicato.
Gli USA, infatti, sono riusciti ad accelerare la crisi, giocando, come al solito e alla grande, il ruolo di sempre: nel loro disegno di occidentalizzazione dell’Ucraina hanno avviato una escalation negli antagonismi contrapposti, sin ad arrivare a una vera e propria guerra civile dove i morti si contano a decine di migliaia e che ora rischia di dilagare coinvolgendo potenze militari a livello globale.
Non ci si può esimere dalla riflessione che agli americani poco importa se la vecchia Europa dovesse di nuovo essere teatro di guerra, tanto tutto accadrebbe lontano da casa loro, manderebbero un po’ di armi, un po’ di uomini, molti aerei e tanti droni, il che in qualche modo porterebbe un po’ di soldi all’industria bellica USA, compiacerebbe l’indole guerrafondaia del congresso e appagherebbe l’ansia, tutta yankee, di sentirsi i guardiani del mondo.
Poroshenko, in evidente "stato confusionale", aveva invocato l’intervento della NATO, però non si capisce in base a quale trattato, dal momento che allo stato non fa parte di questa alleanza, ma è solo tra i pesi del MAP (Membership Action Plan), quelli per intenderci, che hanno fatto richiesta per entrarvi ma che devono ancora fare i compiti a casa per essere ammessi.
Di fronte alle scarne fortune militari dell’esercito ucraino negli scontri contro i combattenti filorussi, gli USA hanno pensato bene di intervenire più o meno direttamente a fianco del regime fantoccio di Poroshenko: “Gli Stati Uniti continueranno a fornire assistenza sulla sicurezza all'Ucraina, non per incoraggiare la guerra ma per aiutare Kiev a difendersi.” è quanto ha dichiarato Joe Biden, vice presidente USA, alla conferenza di Monaco e in effetti, dopo che l’amministrazione Obama ha rifornito i militari e le milizie fasciste ucraine di fondi, attrezzature e armi, è accaduto che, in concomitanza con la visita di Kerry, la NATO si sia affrettata ad annunciare la propria intenzione di voler intervenire in quel contesto.
"È un errore escludere l'intervento militare in Ucraina"sono le parole del comandante supremo della Nato, Philip Mark Breedlove in una logica tutta da soldatino che finalmente vede l’occasione di poter combattere una sua guerra e purtroppo pare che l’alleanza atlantica sia intenzionata a utilizzare nel teatro ucraino la nuova versione potenziata della forza di reazione rapida, ribattezzata spearhead (punta di lancia), organismo formato nel vertice di Newport del settembre 2014, forte di cinquemila soldati ma che dovrebbero passare a trentamila.
Dopo la riunione tenuta a Bruxelles dai ministri della Difesa dei Paesi membri, Jens Stoltenberg, il segretario generale NATO ha spiegato che quanto metteranno in campo potrà avvalersi “delle forze aeree, marittime e speciali” ma soprattutto che “sarà pronto all'azione in quarantotto ore.”; i paesi che a rotazione parteciperanno alla forza sono Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito.
La diplomazia si sta muovendo freneticamente, la cancelliera Merkel ha promosso un incontro in Russia con Putin, assieme al presidente francese Hollande e mentre Nato, UE e USA si dividono sulla necessità di armare l’Ucraina, sul tavolo sono rimaste diverse questioni irrisolte: essenzialmente si tenta di chiudere la vertenza con la rinuncia da parte di Kiev a entrare nella NATO e con la rinuncia da parte della Russia (che significherebbe abbandonarle al proprio destino) a sostenere le milizie filorusse che oramai controllano da un po’ di tempo la zona orientale del paese, con l’accettazione da parte di entrambi di quella sorta di road map tracciata a settembre scorso nella conferenza di Kiev, il tutto con la concessione di una forte autonomia alla autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk.
Nelle prossime ore la Merkel incontrerà Obama negli USA, ma mentre tutto questo si rincorre e crea una girandola di notizie estremamente confuse, l’unica certezza è che al momento in Europa è in atto quello che da Bruxelles è stato definito “Il più grande rafforzamento e riposizionamento della difesa collettiva della NATO fin dai tempi della Guerra Fredda.” mentre in Russia Vladimir Putin ha ordinato la mobilitazione dei suoi riservisti.
Putin ha dichiarato che non accetterà mai un ridisegno degli equilibri mondiali, Obama non lo ha dichiarato, ma vuole che ciò accada e continua a esercitare pressioni di varia natura, Federica Mogherini, l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha, invece, dichiarato: “Non accetteremo compromessi su regole internazionali e su principi!”, ma non si capisce bene da che angolazione interpretare la frase.
In tutto questo, nella vecchia Europa, che sta nel mezzo, nessuno vuole la guerra: senza giraci intorno va detto che sullo sfondo c’è il gas russo e i diversi paesi che ne sono forti utilizzatori e tra questi la Germania che è forse il maggior acquirente, avrebbero seri problemi a produrre energia, per l’Italia che con il metano russo copre il 40% dei consumi, le conseguenze sarebbero drammatiche, l’America, invece, che ha anche lei tanto gas da vendere, è convinta dell’opportunità di un intervento militare, tant’è che per bocca di John Mc Cain, senatore, già candidato alla presidenza USA nel 2008, parla di “Immobilismo nella crisi ucraina” addossandone la responsabilità alla Merkel rispetto al rifiuto di “fornire assistenza militare difensiva” a Kiev.
Una guerra avrebbe uno sviluppo imprevedibile, dopo le prime cannonate e i primi morti potrebbe succedere di tutto e se entri in guerra la logica è quella militare: combatti per vincere e per vincere sei disposto ad ogni tipo di azione e sappiamo bene, cosa custodiscano gli arsenali ancora attivi e sparsi un po’ qua e un po’ là per il mondo. 

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