5.2.17

CRISI, SFRATTI, SGOMBERI, EMERGENZA ABITATIVA, UNA RIFLESSIONE IN NUMERI



La crescente e maggiore difficoltà delle famiglie che non riescono a sostenere gli attuali livelli di mercato si attesta oltre per il 35% ed è inclusivo di nuclei unipersonali (il 58% composti da donne). Inoltre, il 67,0% delle famiglie in affitto spesso sono monoreddito e così distribuite: per il 39,6% si inseriscono gli operai, il 29,2% riguarda i pensionati di oltre 65 anni (almeno per un quinto e un quarto è costituito da donne). 

Queste famiglie, che spesso possono contare su un salario da lavoro dipendente o una pensione, pagano mensilmente un affitto che incide fortemente sul proprio reddito, in percentuali che sono tra il 40 e il 50% a Genova e Torino, tra il 50 e il 70% a Bologna e Firenze, superano il 70% a Milano e Roma. Le spese totali per l'abitazione si attestano sempre tra il 50 e il 70%, oltre il 70% a Firenze, dall' 82 al 92% a Milano e Roma. 


Già nel triennio 2009/2011, l’insostenibilità dei canoni, comprensive di spese per l'abitazione con il precipitare della situazione economica, ha portato ad una successiva caduta occupazionale, in cui quasi 150.000 famiglie hanno dovuto lasciare la propria abitazione, subendo uno sfratto per morosità. Attualmente, facendo riferimento alle aree metropolitane a più alta tensione abitativa, gli sfratti raggiungono anche punte di 100.000 per morosità con 90.000 famiglie a cui è toccata un'esecuzione del provvedimento.

Ma il nuovo soggetto sociale, il nuovo proletariato, non riguarda solo giovani sotto la morsa della disoccupazione, l'inoccupazione o il Jobs act ma anche e soprattutto i migranti che spesso alla possibilità dello sfratto esecutivo, neanche vi arrivano, date le inesistenti politiche di accoglienza a questi rivolte (basti pensare alla colpevolizzazione e solo per citarne una, all'impossibilità di curarsi che de facto, il decreto Lupi del 2014 aveva stabilito per gli occupanti abusivi e i figli di costoro, dal momento che era stato loro reso impraticabile la possibilità di iscriversi ad una Asl e scegliere il medico di base) . 

Inoltre, va detto che il crescente numero di persone senza casa, diventa insopportabilmente paradossale se si fa un rapido calcolo sulla quantità di immobili inutilizzati – anche le caserme - sfitti sia pubblici che privati (oltre 7 milioni) e quasi sempre vincolate da piani bancari o di gruppi industriali (per non parlare dell’annosa questione delle proprietà ecclesiastiche) in attesa di speculazioni proficue. Quella degli sfratti, degli sgomberi e più in generale, dell’emergenza abitativa è una ferita profonda del tessuto urbano e sociale che va acutizzandosi giorno dopo giorno e offende, lede, umilia i diritti di coloro che in tale società sono le fasce più deboli, criminalizzate per la propria povertà. 

« A proposito della crisi economica 

Il 48,3% delle famiglie non riesce ‘ad arrivare alla fine del mese e il 44,9% per arrivarvi sono costrette ad utilizzare i propri risparmi. Solo una famiglia su quattro risparmia Le rate del mutuo per la casa sono un problema nel 28,5% dei casi, mentre per il 42,1% di chi è in affitto é problematico pagare il canone. ll 25,6% delle famiglie ha inoltre difficoltà a far fronte alle spese mediche. Molti hanno dovuto mettere in atto strategie anti-crisi come tornare a casa dai genitori (13,8%), farsi aiutare da loro economicamente (32,6%) 0 nella cura dei figli per non dover pagare nidi privati o baby sitter(23%) Fonte: Eurostat 30/01/17 

(..e a proposito degli sfratti e dei migranti) 

A Firenze ci sono molti edifici nati con funzioni di accoglienza che ora si trovano in stato d abbandono, ad esempio le caserme, vuote o in vendita, naturalmente attrezzate per l'accoglienza provvisoria: ex Ospedale militare in Via San Gallo (16,200 mq), Accademia di Sanità militare in Via Tripoli, caserma Cavalli in piazza del Costello, caserma Baldissera, Dogana in Via Valfonda. Passando ad edifici pensati con altre finalità: i1 convento di San Paolino poi divenuto i1 Monte di Pietà in via Palazzuolo, vuoto ed inutilizzato da decenni, su cui ha messo gli occhi un colosso del settore alberghiero per trasformarlo in una struttura di lusso, all'interno di un quartiere che più di altri avrebbe bisogno di luoghi di aggregazione e cura. 

In un progetto di lungo periodo, non obbligato all'emergenza, il complesso di Sant'Orsola (di proprietà della città metropolitana) potrebbe risultare invece - per posizione, per volumi, per proprietà, per lo stato dei lavori già effettuati — una sistemazione ottimale per l'ospitalità a rifugiati, richiedenti asilo, senza tetto e profughi, che si lasciano alle spalle guerre e paura. ‘ In quei settori del centro cittadino nei quali risulta evidente una situazione di disagio sociale ed abitativo — ciò che torbidi o inani amministratori chiamano “degrado.” — 1a trasformazione di un edificio monumentale e la ‘sua restituzione alla cittadinanza, rappresenterebbe un'operazione esemplare di emersione del dolore che affligge, nella città vecchia, il popolo nuovo.

 Fonte: Ilaria Agostini (urbanista Università di Bologna) »

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