6.3.17

OTTO MARZO SCIOPERO GENERALE E MANIFESTAZIONE



E SE RIPARTISSIMO DALL’8 MARZO? 

Questa volta il discorso deve essere squisitamente al femminile, partendo, però, dal concetto esteso di patriarcato, che è quella sorta di controllo, oramai universale e retiforme, ove tutto deve essere congegnale al capitalismo, ai suoi meccanismi e ai suoi bisogni. Sì, perché, il capitalismo, interfaccia del patriarcato, è quello che bisogna combattere, perché è quello che mette in assoluto, al primo posto, l’interesse della classe padronale, interesse la cui traduzione significa: più soldi, più guadagni, meno spese, sempre meno spese ed è inutile ricordare che “spese” è la parola con la quale i padroni individuano il concetto di retribuzione per il lavoro per essi svolto. Ovviamente questo passa su tutto e non solo sulla negazione dei diritti, quella è la prima cosa che accade, ma, nel disinteresse totale e in molti casi consapevolmente, di danni alla salute. In effetti, al capitalismo va riconosciuto il merito di non essere razzista, né sessista, per lui tutti sono eguali, tutti sono da sfruttare e tutto è carne da macero; per cui, concetti come rispetto, sentimenti, dignità, affetti, non rientrano assolutamente tra quelli possibili da considerare nella sfera di quanti lavorano al servizio del capitale: esemplificando il concetto, questa è una vera e propria negazione dell’essere umano. E la donna in tutto questo? Per la donna è peggiore. È un fatto che questa sia un essere più complesso dell’uomo e in un mondo dove il parametro più immediato è la forza fisica, già questa sua complessità è una debolezza e dovendo, per la sua natura, dare risposta a più compiti rispetto a un uomo, a essa vengono negati più diritti. Perché questa volta il discorso sia posto squisitamente al femminile non ci soffermiamo a parlare di quelli che sono i diritti comuni, uomo/donna, di cui, queste ultime, come individui appartenenti alla società, dovrebbero poter godere, parleremo, invece, solo di quelli che sono i diritti legati alla natura dell’universo femminile: sessualità e maternità, temi scottanti, sempre sulle bocche dei benpensanti, nei riguardi dei quali le donne, oltre a ricevere gli attacchi padronali, devono subire il becero atteggiamento di Santa Romana Chiesa che sotto, sotto, non ha mai digerito l’aver dovuto ammettere che anche la donna possiede un’anima, (Concilio di Macon, 585 D.C., Gregorio I concede l'anima alle donne). Infatti, la prima violenza di cui il mondo femminile è fatto oggetto è il disconoscimento del diritto a poter gestire in autonomia la propria sessualità. Sappiamo tutti come in questo paese sia difficile accedere alla contraccezione di emergenza, come i consultori, luoghi deputati, tra l’altro, anche a questo compito e che dovrebbero esser centri di assistenza primaria, siano, invece, scivolati nel più bieco squadrismo clericale, perennemente ostile all’autodeterminazione femminile, coadiuvato in questo dallo stato borghese, che senza vergogna e senza troppi clamori, continua a tagliare strutture atte a garantire la salute delle donne. Ma non è solo questo, la donna, sul posto di lavoro, oltre a tutte le angherie che possono subire i colleghi maschi, può esser chiamata a offrire il proprio corpo come merce di scambio, può esser chiamata a rispondere della propria maternità, nei riguardi della quale, difficilmente può vivere senza ingerenze la scelta di avere o non avere figli, quando non compaiono, in aggiunta a tutto questo, fantasiose normative che poco o nulla tutelano il suo benessere o dell’eventuale figlio. Nei riguardi della maternità lo stato continua ad avere un atteggiamento esponenzialmente latitante, vive uno sganciamento sempre più accentuato dai compiti di tutela, garanzia e assistenza nei riguardi di quello che è un meccanismo primordiale per la società: il suo rigenerarsi, il suo continuare a esistere. In questa ottica una donna proletaria non ha scelta: al suo avere figli vengono negate cose come l’anestesia epidurale, questa sconosciuta nella stragrande maggioranza degli ospedali italiani, dove il: “Donna, con dolore partorirai figli!” di biblica memoria (Genesi 3-16) è una maledizione ancora valida negli ospedali italiani, dove la maternità, in aggiunta a tutto questo, vive un certo femminismo medioevale di ritorno, ispirato a nuovi dogmi New Age, dove millanterie tipo i fiori di Bach o aromaterapia contro i dolori del parto, sono la nuova frontiera, incoraggiata dalle ASL perché più economiche per la macchina statale. Ovviamente, in questo panorama la donna proletaria non ha possibilità di scelta, cosa questa che è diversa per quelle borghesi, le quali vivono le stesse circostanze, in maniera comoda e confortevole, potendo comprare quei servizi che dovrebbero essere forniti a tutti e il discorso può continuare, perché nella tutela della maternità, lo Stato è assente alla stessa maniera e una donna non abbiente, che abbia scelto di diventare madre, può vivere calvari dolorosissimi, fino alla sottrazione dei propri figli. Al tutto si aggiunge, spesso che queste non abbiano accesso a quanto in teoria è previsto per la prevenzione di patologie tipicamente femminili come il tumore della mammella o al collo dell’utero, procedure che ultimamente sono state oggetto di pesanti tagli, interfacciando, quindi, quello che è diritto alla salute, alla disponibilità economica. Cosa dire: le richieste sono quelle di sempre, quelle per cui le donne chiedono di essere individui, cittadine, persone con pari dignità e l’8 marzo può essere un buon inizio. 

MERCOLEDI 8 MARZO ORE 18 PIAZZA SANTISSIMA ANNUNZIATA MANIFESTAZIONE 

ASSOCIAZIONE MARIANO FERREYRA

Nessun commento:

Sostieni il PCL

Sono in vendita le nuove magliette del PCl a 12 € l'una più spese di spedizione, mettiti in contatto con la nostra mail per acquistarle