17.3.17

PER UN PRIMO MAGGIO DI CLASSE



Questo giorno nasce come momento e percorso di lotta e di solidarietà internazionalista e rivoluzionaria degli operai e dei lavoratori che manifestando in tutti i paesi, si riconoscono in quanto appartenenti alla stessa classe e a livello mondiale, dal momento che il proletariato non ha patria se non la consapevolezza della propria appartenenza. 

Il 1° maggio è stato da anni svuotato di significato e ridotto dai borghesi e dai sindacati gialli in Italia, in quella che si può considerare né più né meno che una parata nazionalistica e “festa” del lavoro”. La riduzione ad evento ludico e liturgico a cui da tempo è stata ricondotta tale ricorrenza, è un vero e proprio insulto al suo significato storico. E non poteva essere diversamente dato che il monopolio gestionale del 1° maggio pretende essere d’appannaggio di quelle organizzazioni, quali i sindacati confederali che hanno tradito nella concertazione e in favori padronali - diventando agenzie governative – ogni messaggio anticapitalista. 

La verità inoltre è che milioni di lavoratori sfruttati hanno molto poco da festeggiare. Lo stillicidio omicida di tale sistema, in tutto il mondo, sacrifica per cause legate all’attività lavorativa la vita 2 milioni di persone l’anno e un totale di infortuni che superano i 270 milioni. 

Nel nostro Paese, la macelleria operata nei confronti della giurisprudenza del lavoro da un ventennio - pacchetto Treu, Legge Biagi, Riforma Fornero, Jobs ACt - ha dato liceità all’utilizzo dei voucher (forma retributiva solo da pochi giorni abolita per evitare una mobilitazione di piazza e dal basso con una mossa che si è risolta pretestuosa. I lavoratori non li tuteli se all’eliminazione del voucher non segue il ritiro del Jobs ACt. Come è falso è che utilizzare i voucher interrompa il lavoro nero come sostiene Sacconi: semmai evita l’onere alle aziende (defiscalizzate), di stilare contratti regolari che abbiano con tutte le garanzie, la possibilità di applicare lo sfruttamento legale. Solo con la soppressione delle leggi anti-operaie che aprono la strada alla precarietà, ai nuovi caporalati è possibile ridistribuire il lavoro, evitando l’emersione del lavoro nero ) e nell’indecenza dell’ “accordo vergogna” (Il 10 gennaio 2014 i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Ugl hanno firmato con i rappresentanti di Confindustria, un accordo ("Testo unico sulla rappresentanza") che ha annullato la democrazia sindacale nelle aziende private, rendendo più ampio e in forma peggiorativa il modello Fiat-Pomigliano a tutte le aziende private. Confindustria (a seguire: Confcooperative, Lega Coop e Agci), Cgil, Cisl e Uil, Ugl con tale disposizione ha di fatto passato un colpo di spugna sulla democrazia sindacale nei luoghi di lavoro)), ha dimostrato come le leggi in ogni paese capitalista, siano finalizzate unicamente alla tutela della rapina, nell’accumulazione dei profitti (gli infortuni sul lavoro denunciati all’anno sono 1 milione, nel numero di centinaia di migliaia i lavoratori che vengono colpiti da malattie professionali fortemente invalidanti e che spesso sono il preludio ad una morte lenta. Per non parlare delle migliaia di morti a causa dei danni che l’inquinamento ambientale produce e che offre la misura di quanto alto sia per i lavoratori il costo dello sfruttamento capitalista). 

Ma questo 1° maggio, esige essere il maggio dell’unità internazionalista proletaria, è il maggio degli inoccupati, il maggio dei profughi, dei migranti economici, delle donne che più soffrono della svalutazione salariale e destinate al lavoro di cura nel miraggio neanche più socialdemocratico di timido tentativo del welfare. Un primo maggio che rimetta al centro dei percorsi di lotta, il problema della schiavitù salariale, indipendentemente da quanto questa venga concessa ad un contratto regolare o precario o peggio a nero. 

Le leggi (TURCO-NAPOLITANO e BOSSI-FINI) sull'immigrazione inoltre, non hanno fatto altro che allargare un divario, infiacchendo la solidarietà di classe nella concorrenza tra lavoratori e formazione di sacche di forza-lavoro di riserva. Le conseguenze ferali di tali regolamenti economici e legislativi, hanno determinano disoccupazione, licenziamenti, precariato, flessibilità, orari di lavoro aumentati, occupazioni non regolamentate, insicure e disumane condizioni di lavoro, salari ridicoli, diritti del lavoro e sociali non riconosciuti, servizi sociali impraticabili (tagliati, privatizzati), espulsioni, vittime del mare e i centri di identificazione ed espulsione(CIE: dove si consuma l’abominio, venendo applicata la detenzione di individui che non hanno violato norme penali ). 

Era il 1° Maggio 1884 quando si ebbe la rivolta di Haymarket: su migliaia di manifestanti in lotta, la polizia sparò provocando una carneficina, così nel 1889 durante il Congresso della Seconda Internazionale di Parigi fu deciso di indicare proprio il primo maggio come giornata di lotta. Va dunque ribadita la nostra memoria condivisa: la Festa dei Lavoratori è un momento di lotta internazionale senza confini geografici o sociali . La strada affinché ciò avvenga si può segnare solo nel rifiuto della pace sociale fra operai e padroni, proletariato e borghesia, tra sfruttati e sfruttatori, in quanto classi portatrici di interessi contrapposti. Ed è questa la ragione per cui i capitalisti criminalizzano continuamente la resistenza e la propositività della “canaglia pezzente” quale siamo, nel timore dell’unità di tutte le lotte. Tentare di delimitare – per quegli interi segmenti sociali in cui ci ritroviamo pienamente dato che non possediamo di certo i mezzi di produzione - i confini nazionali, etnici, di religione o di razza, architettare pretesti per giustificare l’esigenza di“guerre preventive” è per i capitalisti una questione essenziale, perché essi sanno bene di ritrovarsi con il rischio di una classe internazionale che realmente possa sovvertire il sistema economico ed ideologico che ne definisce l’attuazione . 

Compagni e compagne! Riprendiamo dunque in mano la bandiera internazionalista del 1° maggio, riaffermiamo ovunque la lotta per i nostri interessi di classe contro lo scellerato patto del governo con in padroni e i sindacati; ricostruiamo la teoria del conflitto. Solo alla solidarietà rivoluzionaria tra lavoratori, operai, oppressi, vittime delle guerre imperialiste deportate in occidente per il plusvalore dei padroni, studenti (e che con la Buona Scuola, nell’alternanza dello studio al lavoro non retribuito e necessario per i crediti scolastici, imparano immediatamente cosa vuol dire subire la logica del profitto sulla propria pelle e in questo caso, anche nel modo più odioso: offrendo in permuta il proprio futuro) e sfruttati di tutto il mondo, è dato di abbattere il sistema capitalista, catena dell’uomo sull’uomo e la sua violenza che tutto mercifica.

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