20.3.15

LE RONDE A FIRENZE, MILITARIZZAZIONE, ALLARME TERRORISMO:QUANTO E’ POSSIBILE RENDERCI VAGHI E DISTRATTI DALLA CRISI DEI PADRONI?


A Firenze, in genere, siamo abituati a vedere turisti di tutte le nazionalità, con il naso all’insù, che abbassano solo per farsi un selfie ed è questa l’immagine che più immediatamente associamo alla città: gruppi di turisti in cerca di angoli da ricordare, emozioni da vivere, esperienze da raccontare.
Purtroppo c’è qualcosa nell’aria che sta mutando, si percepisce un clima che ha sfumature diverse dal continuo cicaleccio di chi si gode la città.
Vanno in giro a gruppi di tre, sono militari in perfetto assetto di guerra e frequentano un percorso distribuito tra via Farini, via Carducci, Piazza Sant’Ambrogio e via dei Pilastri, sì esattamente la zona di Firenze dove c’è la sinagoga ebraica e vedere dei militari, girare come presenza fissa in strada ha lasciato interdetta più di una persona.
Quale altro cambiamento si sta verificando nelle vite di tutti noi?
Il terrorismo è oramai una minaccia tattile, quattro italiani sono stati ammazzati in Tunisia e qui, a più riprese, addetti ai lavori di livello molto alto hanno dichiarato che se la nostra intelligence è in grado di tenere sotto osservazione i gruppi organizzati del terrorismo, poco o niente potrebbe fare contro quelli che sono stati battezzati lupi solitari, diciamo che è un modo molto garbato per dire: “Dio  - o chi per lui  - ce la mandi buona.”.
L’Italia è il paese simbolo della Cristianità e questo la rende fortemente a rischio, ma oltre Roma, epicentro per molti versi delle minacce verbali sin qui ricevute dall’ISIS, i simboli da colpire in questo paese sono diversi, ben distribuiti su tutto il territorio nazionale e Firenze è uno tra quelli che figurano più a rischio, vuoi per una sua specifica nicchia nella cultura, vuoi per le sue numerose presenze turistiche.
La presenza della ronda di tre militari è l’aspetto più immediatamente percepibile di una delle diverse e nuove misure messe in campo da Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, ronda che dallo scorso fine settimana è andata ad aggiungersi alla postazione di sorveglianza fissa, già attiva da molto.
Ma la Sinagoga non è il suolo luogo oggetto delle attenzioni di sorveglianza, a questa sono stati aggiunti i cantieri dell’alta velocità in Toscana e anche per città come Prato, Lucca e Livorno si è ravvisata la necessità di attivare ronde armate.
È da quel brutto 7 gennaio 2015, il giorno in cui a Parigi la testata di Charlie Hebdo è stata macchiata dal suo stesso sangue, che la paura del terrorismo ha fatto suonare le sirene d’allarme, amplificando in un crescendo continuo una jihad sempre più feroce, spettacolare e mediatica, che affianco alla rabbia, tiene comunque molti nervi scoperti, in un continuo di informazioni ove i media e le anime belle (che non mancano mai) spesso ne accentuano l’orrore, scatenando le emozioni.
C’è da dirselo, il terrorismo foraggiato dalla mano del padrone ha oramai generato quella che si può definire solo con la parola GUERRA e che oramai, da quasi dieci anni ha fatto morti un po’ dappertutto.
Questo è un aspetto della questione di cui non si parla, o se avviene, lo si fa in maniera attenta, in modo da non far mai trasparire lo stretto vincolo che lega insieme guerra e crisi del modo capitalistico.
Man mano che la crisi peggiora, l’Occidente è sempre più infognato in conflitti che coinvolgono molti Paesi a forte presenza islamica, basti ricordare quanto accaduto nel 1992 in Somalia, o qualche anno dopo in Afghanistan o più recentemente in Iraq, per arrivare a tutto quanto accade in Siria e Libia.
Oramai è una costante: quando l’occidente decide di intervenire, il disastro è assicurato: in questi casi si è generata la disgregazione dell’intera struttura, a tutti i livelli, del tessuto umano e sociale di quei Paesi, cui non ha fatto seguito, quello che i grandi analisti dell’occidente chiamano lo State - building, cioè la ricostruzione dell’equazione popolo-istituzioni-stato e su questo panorama di macerie si inseriscono le compiute idee di quegli acuti  pensatori che aggiungono disastro al disastro. Non è possibile assolutamente dimenticare da chi sono stati creati i Talebani, prima e l’ISIS, dopo e come candidamente sia stato dichiarato per entrambi che: “Ci sono sfuggiti di mano.” e qui è lecito chiedersi in domanda velleitariamente  retorica : “Ma i terroristi sono solo quelli che usano il Kalashnikov, o anche quelli che glielo hanno dato?”.
Per il momento buona parte del Medio Oriente è un rifiorire di comunità tribali e quindi di poteri tribali, che innanzitutto provano a non esser cancellate dalla guerra e che poi assecondano i propri interessi, in una sorta di tragicomico tentativo di assomigliare a un qualche tipo di autorità costituita.
Ma è proprio questa continua ansia di voler assecondare i propri interessi di bottega che fa gioco ai centri, grandi e piccoli, del capitalismo mondiale, cui questa sorta di nervosismoavverso fenomeni come l’ISIS, tiene impegnata, in misura crescente, la popolazione civile.
Non si può fare a meno di pensare che tutto questo sia un’ignobile sporca foglia di fico che venga usata per coprire la violenza degli Stati e dei padroni.
I morti di Parigi, i morti di Tunisi hanno ricordato alla vecchia e molliccia Europa, cose che aveva messo nel dimenticatoio, ma il pericolo reale che si corre è che tutto l’orrore sia usato da padroni, politicanti e pennivendoli per distogliere le attenzioni dal fatto che quello che accade è frutto dell’attuale crisi e della ricerca, da parte di dei soliti pochi, di acquisire sempre maggiore ricchezza e potere.
E infatti e va necessariamente aggiunto, in epilogo a quanto già sostenuto, che la crisi terminale del nuovo ordine mondiale neocon, rischia di precipitare tutti in una nuova guerra, offrendo una comoda via d’uscita per coprire il fiasco epocale del “capitalismo globalizzato” basato sulla rapina imperialista di materie prime che si esauriscono ogni giorno di più, per mantenere uno stile di vita dissipativo basato sulla crescita infinita di un pianeta finito.

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