10.5.15

L'ITALICUM E IL RIASSETTO DELLA BORGHESIA FINANZIARIA



Finalmente l’Italicum, la terza legge elettorale della II Repubblica, la cui entrata in vigore è prevista per Luglio 2016, oramai c’è ed era ora, perché si era tutti in trepidante attesa, ma adesso con la sua approvazione vivremo in un paese migliore, dove ci sarà stabilità politica, giustizia sociale, decoro, dignità e lavoro, almeno così Matteo Renzi, presidente del consiglio dei ministri, ha contrabbandato la cosa.

Prima di pensare a una qualsiasi osservazione sul provvedimento c’è da riflettere seriamente sulle modalità adottate per giungere a tanto: l’Italicum è un’altra delle performance cui il disinvolto Matteo ci ha abituati e gli elementi stridenti sono tanti, innanzi tutto la serie di ipotesi tra il ricattatorio a sfondo catastrofico del tipo: “È in gioco il futuro del partito!”, o quell’altra ancora più amena: “Ne va della dignità della nazione!” per non parlare del pressing indecente esercitato a tutti i livelli, non tenendo assolutamente conto che le riforme sono una prerogativa dei parlamenti e non dei governi, della continua minaccia di porre la fiducia per contenere dissensi di varia natura, cosa che alla fine è accaduta nel più totale disprezzo di ogni concetto di decenza politica, per finire con Maria Elena Boschi, ministro delle riforme che ha parlato, ha parlato tanto, ma che non ha detto niente, se non quelle due o tre cose, da lezioncina di establishment, ripetute sempre alla stessa maniera.

Volendo avviare un minimo di ragionamento non si può fare a meno di pensare che le modalità cui si è arrivati all’Italicum siano in effetti servite al presidente Renzi, più che a varare una legge elettorale, il ribadire a gran voce, ignorando qualsivoglia dissenso, che lui è l’uomo del fare, se poi quello che fa non è fatto bene o è fatto male, diventa un aspetto del tutto trascurabile: “Essere!” è la nuova frontiera, ma come si è, è un dato del poi. In aggiunta a questo, senza volersi pronunciare su pregiudiziali di incostituzionalità, discorso per il quale questa pagina non ha competenze idonee, è da subito evidente che l’Italicum statuisce una evidente stortura: la legge stabilisce una soglia del 3% perché un partito possa avere rappresentanza nel parlamento, ma proprio ad effetto di questo meccanismo potrebbe accadere che una forza minoritaria abbia la maggioranza, perché la legge consentirà alle coalizioni di prendere anche i voti dei piccoli partiti che non hanno superato la soglia.

Ragionando, poi, sui numeri, nascono altre perplessità: la sentenza del 2014, con la quale la Corte Costituzionale si è pronunciata sul Porcellum, faceva, tra l’altro, specifico riferimento al premio di maggioranza in essa contenuto e, con analoga logica, l’Italicum al partito che eventualmente raggiungesse il 40% dei voti, assegna un megabonus del 15%, ma l’aspetto più singolare è quanto potrebbe accadere con il meccanismo del ballottaggio.

La sen­tenza della Corte, si pronunciava essenzialmente contro il fatto che un ridotto consenso si potesse trasformare in una maggioranza assoluta di seggi e con l’Italicum, in caso di ballottaggio, potrebbe accadere la stessa cosa: dal momento che a questo si accede senza soglia (accedono le due liste più votate al di sotto del 40%), nella conseguente votazione, tra le due, quella che prende più voti, anche se rimane al di sotto del 40%, improvvisamente si ritroverebbe con il 55% dei seggi, il tutto con l’aggiunta del fatto che l’assegnazione dei seggi andrebbe alla singola lista e non alla coalizione.

Come se tutto questo non bastasse, agli aspetti incongruenti della legge si aggiunge il fatto che i capi-lista non saranno eletti, cosa questa, invece, promessa più volte da Renzi ma alla fine disattesa, piuttosto nominati dai capi partito: in sostanza una fetta di potere che nessuno ha inteso mollare, una coniugazione più mite del Porcellum dove l’universo era in mano agli umori e alle simpatie dei rispettivi leader e comunque elemento fortemente indicativo della assoluta mancanza di volontà di rimettere tutto nelle mani degli elettori e di un conservatorismo elitario. La parte più indigesta però di tale melassa, sono le multi candidature, il fatto, cioè che un candidato possa presentarsi in più collegi, fino ad un massimo di 10, cadeau concesso ad Angelino Alfano, alla sua mini corte e in maniera più generale a tutti i gattopardi della politica italiana e ciò perché in ultima analisi, i suoi componenti, senza nemmeno un po’ di vergogna, non cessano mai di escogitare meccanismi che possano assicurare la poltrona a chi proprio non può farne a meno e volendo un po’ indugiare su motivi alla base della questione, mettendosi a contare chi oramai fa parte dell’arredamento dei palazzi del potere, l'elenco si fa lunghissimo.

Naturalmente, non poteva mancare la concessione buonista alla parità di genere, foglia di fico che copre in modo di certo non poco intellegibile, quello che in definitiva è un regolamento di conti tra la borghesia, consolidandone di nuove e il rafforzamento dell'ascesa del partito regime. Adottare un sistema proporzionale puro, senza soglia di sbarramento non è assolutamente nelle corde di chi manovra tutto questo: la cosa aprirebbe scenari per loro inquietanti e soprattutto limiterebbe le alchimie nelle quali oramai sono diventati maestri.

L’Italicum non risolverà i problemi del paese, né contribuirà a farlo, così come va predicando Renzi e questo perché è l’ennesima partita di merce avariata, prodotta da persone oramai completamente asservite a logiche del capitale e del potere, con una spiccata propensione a curare esclusivamente i propri interessi e tutto quanto a essi congeniale.

Matteo guarda avanti, guarda oltre e soprattutto agli accumulatori di profitto e con la riforma elettorale, si ripromette la buona condotta che terrà il governo, per quel “capitalismo di relazione” che non scontenti una classe padronale sempre più forte, in accordo a leggi che diano il placet al privilegio nei licenziamenti, nella flessibilità, nella delocalizzazione, nello smantellamento, nell’insicurezza del lavoro che non ha alcun argine di tutela e diritto e soprattutto non rassicura sul futuro ma anzi è minaccia per tutti i proletari, tanto che ci informa: “In Italia il capitalismo di relazione ha prodotto alcuni effetti decisamente negativi: è il momento di mettere la parola fine a un sistema basato più sulle relazioni che sulla trasparenza e sul rapporto con il mondo che sta fuori e chiede più dinamismo e trasparenza. Se il sistema del capitalismo di relazione non muore, muore l'Italia: la politica oggi è fuori da questo gioco, cambia passo. L'impresa ci dia una mano a cambiare questo sistema.”.

E ancora: “Abbiamo bisogno di attrarre capitale straniero e di sostenere chi dei nostri va all’estero. La nostra scommessa è quella di creare per gli imprenditori un ambiente perfetto per chi vuol far crescere i propri sogni. Per noi comporta impegno a fare ancora riforme, in una visione di medio periodo.”. “Voi - ha concluso rivolto agli imprenditori - dovete aprirvi. il capitalismo di relazione è morto, dovete aprire le vostre aziende, magari passare dal 100% a molto di meno, senza preoccuparvi di lasciare tutto ai vostri figli, ma aprendovi a realtà più grandi".

E nella genuflessione alla Commissione Europea, alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario Internazionale, ha rassicurato i banchieri sul fatto che vi saranno nuove e più agili misure che rendano la fluidità delle operazioni finanziarie, “dopo decenni di discussioni.”, in modo tale che anche il nostro sistema si possa allineare a quello di altri paesi e che il liberismo mondiale, ringrazi e si entusiasmi per il caudillo fiorentino, conferma quanto detto: la FITCH infatti, l'agenzia internazionale di valutazione del credito e rating, si è subito dichiarata entusiasta.

Qui andrebbe fatta una considerazione a latere: da 30 anni vi è un crescente accanimento nel restringere la stessa democrazia borghese, forse perché anche la borghesia nazionale è morta. Il dirigismo rapido e senza contrappesi corrisponde a governi-fantoccio eterodiretti dalle multinazionali, le banche e i complessi militar-industriali, stati-nazione cartacei, deprivati della sovranità nazionale, giungono alla promozione o alla bocciatura dall'Impero, sulla base della arrendevolezza ai diktat delle corporations e poi non dimentichiamo che sul fronte interno, vi sono le modifiche al ddl Boschi, che si discuterà in Senato tra giugno e luglio e le misure con cui il premier devitalizzerà e neanche troppo lentamente, l’opposizione interna e quella sindacale.

La Ditta PD e soci, è fortissima, tanto che basti pensare che il nuovo capogruppo alla Camera, è uno di quei 50 di Area Riformista che ha preso le distanze dai 38 che non hanno votato la fiducia al governo sull’Italicum (capogruppo ancora da stabilire): il sistema dunque di garanzie della legislatura al potere economico che si fa qui portavoce della politica italiana e della nuova indigenza di molti.

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