26.1.17

GLI OPERAI HANNO ALMENO 69.000 BUONE RAGIONI ALLA LOTTA E ALL'ASSEMBLEA DI FIRENZE DEL 24/01/2017 LO HANNO SPIEGATO



E’ proprio dagli accordi vergogna che si dovrebbe ripartire. Il CCNL di Landini, Bentivogli e Palombella dovrebbe essere l’occasione affinché l’organizzazione operaia riprenda ossigeno, si mobiliti in ogni azienda, si rappresenti in forza e fuori dalle aziende, ricomponga la frammentazione delle lotte lasciate sospese (e che ciò accada e per quegli operai che hanno votato NO - e per coloro che nel clima intimidatorio e di ricatto hanno scelto un SÌ a denti stretti - anche nel continuum che al referendum del 4 dicembre si è reso possibile perché intatti si consegnassero almeno gli aspetti progressisti della Costituzione del 1948). 

Avevamo già affrontato come FIOM, FIM, UILM e il padronato tutto, avessero approvato senza remore l’ipotesi di accordo firmato il 26 novembre, trascinandosi tra mesi di trattative e pantomime drammatiche (hanno votato in 350.749, in una percentuale che si attesta al 63,27% per quanto riguarda i presenti: nei giorni di votazione. L’80,11% – pari a 276.627 dipendenti – ha votato SI’ e 68.695, dunque il 19,89% per il NO, le schede bianche sono state in tutto 3.836, quelle annullate, 1.591). Domandarsi perché la Fiom ‘pompierasse’ per il referendum si realizza quasi in una tautologia. 

La risposta sta in ciò che significa il contratto dei metalmeccanici dato che coinvolge quasi 1.6 milioni di lavoratori che, distribuiti che per varie ragioni in Italia rappresentano la categoria trainante delle avanguardie di classe (basi pensare al movimento partito da Pomigliano nel 2010). La votazione sull’ipotesi di CCNL infatti e indipendentemente dalle sigle sindacali di riferimento, pendeva come una spada di Damocle sulla testa di tutti i lavoratori delle aziende metalmeccaniche aderenti a Federmeccanica (l’ex FIAT vi è esclusa in quanto ora FCA) e realmente capaci di una mobilitazione che nell’organizzazione operaia ha cercato e trovato risposta. Ma vi è anche un’altra ragione per cui le burocrazie sindacali hanno fortemente voluto questo accordo, si tenga presente infatti che la Fiom non aveva firmato due accordi. 

E quando un'organizzazione sindacale al tavolo di contrattazione, arriva ad un accordo, esige un premio definito"quota contratto". Tale quota si considera e viene calcolata in base al numero d'iscritti che fatti i conti, sono centinaia di migliaia di euro. Soldi utili alla burocrazia e a stipendiare il proprio apparato. Non sedersi avrebbe significato minare la forza di Landini e dei propri esecutori. Ad ogni modo il Referendum sul CCNL, ha ampiamente svelato il tradimento consumato nei confronti degli operai delle grandi e medie aziende abbandonati dai propri dirigenti sindacali nella difesa di interessi e prerogative fondamentali ma in quelle fabbriche, tra l’altro numerose, dove i delegati hanno avuto possibilità di manovra, crescendo nelle vertenze e in tutte le iniziative, si sono dimostrate le capacità nel mantenere alta la conflittualità, in una battaglia che pur se è solo all’inizio, è stata in grado di ricompattare e ricondurre ad unità la dispersione dei lavoratori, riconsegnandogli identità sociale e dunque politica. 

L’Assemblea del 24 a Firenze, ha ribadito la necessità della battaglia contrattuale all’interno dei vincoli posti dalla Fiom, raccogliendone comunque i propri frutti. Basti riflettere su Genova, la cui vocazione operaia è altissima. il NO raggiunge il picco del 66,51 % (52 in tutta la regione) con percentuali che sono quasi unanimi (si ricordino gli accordi indigesti e al voltafaccia delle proprie direzioni sindacali come per la Fincantieri). Gorizia, caratterizzata dalle industrie dei cantieri navali che raccoglie il 75,18 %; Legnano-Magenta con il 51,99%. E ancora: Trieste (45,63%), Napoli (32,28%) Massa (43,10%), Pisa (35,63%), La Spezia (31,02%), Parma (28,45), Terni (40,83%), Messina (33,64%). Same e Tenaris a Bergamo (alla Tenaris, gli operai rifiutano per la prima volta un contratto nazionale), e realtà quali la Gkn (91,8%), Piaggio (60,1%), Danieli (85%), Fincantieri (46%), Motovario (86%), Motori Minarelli (159 votanti, NO 105, si 52), Continental (72,4%), Thyssenkrupp (55%), Perini (191 no, 53 si), Innse, Electrolux Gruppo Italia (Si 1127 NO 1532), Electrolux Forlì, NO 84% (527 votanti, 916 dip), Electrolux Solaro (Milano) 330 no, 244 si, Electrolux Susegana: 654 votanti,480 NO (74%) e a seguire, il No oltre per la metà a Corbetto, Ibm, Magneti Marelli, Lucchini, Bonfiglioli, le Acciaierie Arvedi di Cremona. Andrebbe ricordata poi anche l’Ast di Terni che ha visto gli operai opporsi lungamente alle disposizioni aziendali e che in Landini infine trovano un ostacolo, abbandonati come per i genovesi, dal segretario generale della FIOM firmatario di un accordo truffa e il cui NO anche in questo caso si attesta nel 55%. 

Confermando che le vittorie a metà o le sconfitte parziali, spesso si impastano di rabbia e rilanciano la lotta di classe. Si è ribadita inoltre l’importanza di rimanere con la guardia alta, di tenere in piedi un lavoro di militanza politica, sindacale che contrasti punto per punto l’applicazione del CCNL, che sia in grado di mostrare i nervi scoperti rappresentati dagli orari, la flessibilità, la legge 104, il ricatto dei premi aziendali e la promessa/menzogna di una scala mobile che invece comporta lo scotto dei prezzi al consumo ed energetici. 

Di ribaltare in forma oppositiva e feroce critica, il vergognoso accordo dato dal Testo Unico della Rappresentanza e con una prospettiva unitaria, evitando così il pericolo di una frammentazione che rischi l’attacco qualora non sia in grado di radicalizzarsi e stringere contatti stretti, rimarcando l’urgenza e la tempestività da parte dei delegati nel proclamare scioperi. Di guardare con attenzione alle realtà aziendali in grado di bypassare i vincoli del contratto e informarne i lavoratori, socializzarne le esperienze e rendere noti gli accordi favorevoli. Offrire solidarietà ai proletari, compagni e operai che hanno dimostrato essere in grado di resistere e di rimettere in piedi l’area di opposizione, necessaria anche per un sindacato che alla degenerazione burocratica e alla contrattazione al ribasso verso la classe che dovrebbe difendere, si è reso vergognosamente ostile a questa e complice piuttosto di imprenditori e padroni. 

E per tali motivi e altre 69mila ragioni del No che andranno combattuti quegli stessi accordi che la FIOM ha fatto propri, contrapponendosi alle strutture che la rappresentano, partecipando ad incontri ed essere presenti nelle rivendicazioni e nella lotte nelle fabbriche senza tralasciare le iniziative nazionali. E’ dunque fondamentale ora che non si disperda tale enorme patrimonio di opposizione operaia. Il risultato del No, i quasi 70.000 voti vanno ben oltre l’area di riferimento della sinistra Cgil (basti pensare che all’ultimo congresso si contavano in 40.000 le forze distribuite tra tutte le categorie della confederazione) sia del sindacalismo di base. 

E’ un patrimonio ingente che i proletari devono riprendere e rilanciare. Vanno dunque convocate le assemblee in tutte le realtà di fabbrica o di territorio in cui il NO quando non ha vinto si è dimostrato sostanziale, dandosi come obiettivo importante l’indire una grande assemblea nazionale di delegati eletti democraticamente nelle fabbriche e proponendosi successivamente di coordinare le punte più avanzate nell’antagonismo di classe e le varie realtà combattive. L’Assemblea si è data dunque come traguardo di traghettare i 70.000 NO a Landini, Federmeccanica e governo, verso una nuova stagione di conflitto al padronato.

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