28.1.17

IL LAVORO DEI RIVOLUZIONARI TRA I MIGRANTI

L'immagine può contenere: 3 persone, spazio all'aperto



Negli ultimi anni il fenomeno dell'immigrazione verso l'Europa e in particolare verso l'Italia, ha raggiunto un punto di non ritorno, migliaia di persone ogni giorno tentano in qualsiasi modo di giungere in Europa per sfuggire da guerra e disperazione. Non ci sono solo le guerre in corso e le conseguenze di quelle passate che spingono questi "disperati" a fuggire dalle loro terre natie, le cause sono molteplici ma tutte hanno come causa comune l'imperialismo occidentale.

Non a caso i media di regime e i rappresentanti delle destre, tendono a fare una   netta divisione tra profughi di guerra e immigrati  comuni, cioè tutti quei migranti che non scappano necessariamente da un conflitto, ma che emigrano per trovare condizioni di vita migliori; è l'esempio di tutti i migranti provenienti dall'Africa subsahariana o dalle ex colonie dell'Asia meridionale come India e Pakistan. Nonostante questi paesi per le autorità internazionali non siano effettivamente considerati stati in guerra, vanno analizzate le situazioni interne alle relative nazioni; prendiamo l'esempio del Pakistan o della Nigeria dove quotidianamente gli estremisti islamici affiliati ai vari gruppi armati, mettano bombe e si fanno esplodere nelle piazze centrali delle  città provocando centinaia di vittime civili, o l'esempio del Senegal e del Gambia che oggi si ritrovano a subire le conseguenze di secoli di colonialismo europeo il quale oltre alla povertà ha lasciato in eredità alla politica locale gli insegnamenti sulla gestione del potere interno in piena salsa occidentale, fatta di corruzione, repressione e ruberie varie nei confronti della popolazione. In tutti i paesi dell'Africa subsahariana negli ultimi anni si registra una repentina diminuzione delle libertà fondamentali; in Etiopia il governo effettua campagne contro i media indipendenti, in Ciad, Eritrea, Uganda, Gambia, Guinea e Rwanda oppositori politici, attivisti e giornalisti difensori dei diritti umani sono andati incontro ad arresti, minacce e sparizioni. La situazione è peggiorata ulteriormente anche in Nigeria, Kenya e Somalia a causa della presenza di formazioni islamiche armate come Boko Haram e Al Shabab che esercitano una violenza sempre più crescente tra i civili con uccisioni, stupri e reclutamento di bambini soldato. Anche il Senegal nonostante abbia una delle  economie più stabili dell'intera Africa e una governance interna abbastanza consolidata infatti è forse l'unico paese africano che in 56 anni d'indipendenza non ha mai subito  un vero colpo di stato, rimane un paese con forti difficoltà economiche: più della metà della popolazione  vive largamente sotto la soglia di povertà , la disoccupazione è altissima, l'acesso ai servizi è problematico e la disparità tra popolazione rurale e urbane è elevata; il Senegal riguardo la crescita economica rimane uno dei 20 paesi peggiori del mondo.

In più dal 1982 nella regione del Casamance situata al sud del paese tra il Gambia e la Guinea-Bissau, è in atto un conflitto a molti sconosciuto tra i separatisti del Mouvement des Forces Démocratiques de la Casamance di matrice cristiana e l' esercito senegalese, a tratti molto sanguinoso, che ha trovato una tregua nel 2004, ma dove ancora oggi la situazione rimane instabile con sporadici attacchi. Dal 2006 con la morte del leader del MDFC, l'abate  Augustin Diamacoune il movimento non è stato capace di restare unito dividendosi in varie fazioni guidate perlopiù da ex militari addestrati dall'esercito francese. Negli ultimi anni la situazione pare migliorata ma i lasciti della guerra sono spaventosi, intere aree rurali sono state seminate con mine anti-uomo, villaggi e campi sono stati abbandonati e sanguinarie rappresaglie su entrambi i fronti delle forze hanno aperto profonde ferite, generando una forte richiesta di pacificazione nella maggioranza della popolazione. In questo momento è difficile capire la situazione reale, perché i movimenti guerriglieri si sono frammentati e alcuni gruppi si stanno dedicando al banditismo e al narcotraffico, perdendo di vista l’obiettivo dell’indipendenza, inoltre vista l'instabilità regionale il rischio d'infiltrazione di formazioni estremiste islamiche, come accadde dopo il conflitto  nel nord del Mali, è molto alto anche se la matrice cristiana della regione può agire da deterrente. Nel 2010 c’erano ancora 10.700 sfollati e le morti civili  causate dalle mine anti uomo sono state più di 750.Una situazione drammatica se si pensa che è ignorata dalla totalità dei media ed opinione pubblica.
Come organizzazione rivoluzionaria dunque non possiamo restare inermi davanti a questa ondata migratoria, il nostro ruolo di  comunisti  ci obbliga ad iniziare un lavoro con questi proletari in una prospettiva di classe precisa.

L'IMPORTANZA DELL'INTERVENTO DEI RIVOLUZIONARI TRA I MIGRANTI
L'intervento tra i migranti è stato per troppo tempo ignorato da quasi tutte le organizzazioni comuniste in Italia, in pochi hanno ritenuto utile fare un lavoro di sensibilizzazione politica a causa di una fossilizzazione ideologica che obbliga i comunisti ad ad intervenire solo  all'interno della "classe lavoratrice". I migranti che arrivano in Europa sono alla ricerca di condizioni di vita più adeguate, quindi di conseguenza anche di un lavoro; un immigrato con lo status di rifugiato, profugo ecc... è impossibilitato a lavorare a causa della mancanza di documenti che vengono rilasciati dalle questure in tempi non ben definiti, che possono durare anche anni; una soluzione per tenere i migranti in una situazione di ricatto a tempo indeterminato.

Un migrante rifugiato, viene considerato spesso come un sottoproletario privo di coscienza politica e non classificabile nella categoria dei lavoratori; ma questo è un errore madornale in cui,noi rivoluzionari,non dobbiamo cadere. Dobbiamo tenere in considerazione che un migrante che giunge in europa, volente o nolente è un futuro lavoratore, e questo vale sia per quelli che riusciranno ad ottenere i documenti e  un relativo lavoro regolare, sia per quelli irregolari costretti a lavori di fortuna o forzatamente a nero come i migranti dei vari ghetti del sud, costretti nei campi a orari di lavoro estenuanti con paghe miserabili, sotto controllo di caporali  senza scrupoli e spesso armati.  Il nostro dovere di comunisti ci impone quindi un intervento tra i migranti; sarebbe stato impensabile adottare una politica immobilista davanti a questo fenomeno, di conseguenza come sezione abbiamo deciso di iniziare un lavoro di politicizzazione tra i rifugiati di alcuni centri di accoglienza nei dintorni di Firenze, che rientra chiaramente in una prospettiva di lotta di classe precisa.

Lenin nel suo libro " Il capitalismo e l'immigrazione" scriveva: «La borghesia aizza gli operai di una nazione contro gli operai di un'altra, cercando di dividerli. Gli operai coscienti, comprendendo l'inevitabilità e il carattere progressivo della distruzione di tutte le barriere nazionali operata dal capitalismo, cercano di aiutare a illuminare e a organizzare i loro compagni dei paesi arretrati»,ed è proprio questo il nostro obiettivo "illuminare ed organizzare" questi migranti,abbiamo partecipato  alle loro riunioni ed illustrato loro la nostra visione politica del mondo,dove crediamo fermamente che esistano solo due razze:sfruttati e sfruttatori.Alcuni ragazzi del Gambia ci hanno raccontato del movimento studentesco Gambiano di cui hanno fatto parte e della brutalità poliziesca che gli ha repressi e della dittatura spietata di Yahya Jammeh. Gli abbiamo spiegato che ogni vittoria, ogni diritto conquistato, ogni passo in avanti fatto da noi lavoratori  italiani è una passo in avanti anche per i lavoratori migranti, rifugiati ecc..presenti sul nostro territorio e viceversa, logicamente tutto questo è possibile solo tramite l'unità tra lavoratori migranti e italiani,questione sulla quale abbiamo ottenuto un grosso consenso tra di loro.Un altro fatto significativo è che questi ragazzi hanno cominciato a  partecipare alle nostre riunioni dove grazie alla bravura e pazienza di alcuni compagni che traducono ogni cosa detta, è possibile colmare le divergenze linguistiche.                                                                                                                                                                                                 La cosa che riteniamo più propositiva è il fatto che i migranti in questione abbiano partecipato attivamente alla costruzione delle manifestazioni del  12 Dicembre e del 12 Marzo,intervenendo nelle assemblee preparatorie come quella in Via Aldini ed inseguito anche ad altri incontri come ad Union Class,una chiara dimostrazione che stanno comprendendo l'importanza della lotta di classe, riconoscendo in essa l'unica soluzione per ottenere vittorie seppur parziali.
Il fatto che molti di questi migranti oggi presenti sul nostro territorio sono probabilmente  solo di passaggio,non ci esime dai nostri compiti di rivoluzionari e di internazionalisti;un migrante che oggi acquisisce una netta coscienza di classe,anche se un domani dovesse lasciare l'Italia,potrà  dare comunque il suo contributo all'interno del movimento operaio di qualsiasi altra nazione decida di recarsi, dunque come partito continueremo incessantemente cercando di allargare il nostro intervento anche in altre situazioni in cui sono presenti immigrati,rifugiati,profughi ecc..insistendo sul principio imprescindibile secondo cui i lavoratori non hanno nazione.

LA GHETTIZZAZIONE DEI MIGRANTI NELLE PERIFERIE,iL PERICOLO DELLE INFILTRAZIONI MALAVITOSE E/O DEL FANATISMO ISLAMICO E L'UNITA' TRA LAVORATORI ITALIANI E MIGRANTI
Nelle città italiane, anche se prendiamo in considerazione le metropoli come Milano e Roma,nonostante esistano quartieri con una forte presenza di migranti, non ci sono ancora veri e propri quartieri "ghetto" come ad esempio la Banlieue di Courcouronnes a Parigi, i quartieri Nord di Marsiglia o l'ormai famoso quartiere di Molenbeek a Bruxelles, quartieri dove la lingua ufficiale è l'arabo,dove ormai vivono immigrati di terza generazione arrivati con la migrazione forzata della fine anni '50 quando a queste nazioni serviva mano d'opera dalle colonie a basso costo per la ricostruzione post bellica; ma pure quartieri come Slotevart ad Amsterdam, Whitechapel a Londra, Rosengard a Malmö, Mjølnerparken a Copenhagen non sono minimamente paragonabili ai nostri quartieri con presenza di migranti, dato che questi paesi hanno già subito in passato forti ondate migratorie che hanno spinto i governi locali ad isolare i migranti nelle periferie ,costruendo come ad esempio in Francia gli HLM "habitation à loyer modéré" (abitazione ad affitto moderato) dove ormai i migranti si sono stabiliti da più di mezzo secolo,andando a creare una realtà completamente diversa da quella a cui siamo abituati a vedere nelle nostre città.Il forte flusso migratorio che ci sta interessando e che negli anni a venire non tenderà assolutamente a cessare, muterà senza ombra di dubbio l'humus urbano delle nostre città portando così il capitale ad isolare sempre più i migranti, come già avviene parzialmente nelle nostre periferie, generando così quartieri ghetto dove sia la criminalità organizzata, piuttosto che il fanatismo islamico proveranno con foga ad infiltrarsi, ed il nostro intervento, la nostra presenza costante deve servire anche da deterrente per impedire tutto ciò. Dobbiamo essere consapevoli e capire sopratutto, di come sia le formazioni islamiche, sia la malavita organizzata riescono a fare breccia in certe realtà, di come agiscono e perchè riescono ad avere un forte seguito.

Prendiamo come esempio le Banlieue Parigine, quartieri dove fino alla prima metà degli anni '90  c'era un intervento politico abbastanza insistente sopratutto nell'ambito dell'antifascimo, non a caso  quasi tutte le Banlieue hanno avuto sempre sindaci legati al Partito Comunista Francese; la Banlieue di Gennervillers dove sono nati e vivevano i fratelli Kouachi artefici dell'attentato alla sede di Charlie Hebdo, dal 1934 è amministrata da sindaci comunisti. Logicamente l'intervento politico diretto tra i proletari delle Banlieue è andato scemando di pari passo con il crollo definitivo dei partiti comunisti occidentali che si sono ridotti ad un mero ruolo istituzionale, ignorando le lotte e l'emergenza sociale, facendo si che molti giovani senza più ormai un punto di riferimento politico che incanalasse la rabbia verso obiettivi precisi, per sfuggire all'emarginazione e per sbancare il lunario si rifugiassero nella delinquenza comune, vista come unica soluzione alla mancanza di un lavoro e di prospettive; quindi in poche parole possiamo dire che le organizzazioni criminali trovano terreno fertile nelle realtà abbandonate dalle istituzioni e dove manca un intervento politico di classe che possa scuotere le coscienze.
Le formazioni estremiste islamiche agiscono più o meno nello stesso modo già dagli anni '80 hanno iniziato a fare proselitismo nelle Banlieue  reclutando militanti come i responsabili degli attentati alla metro di Parigi nel 1995 legati al Gruppo Armato Islamico.I  metodi di reclutamento sono molto simili a quelli dei clan mafiosi; intervengono nei quartieri abbandonati dallo stato e danno ciò che lo stano non dà: soldi.Poi subentra il lavaggio del cervello, l'indottrinamento fanatico, il farti sentire parte integrante di qualcosa di potente e che la gente e lo stato temono. Lo stesso stato che per anni gli ha repressi e ghettizzati. E non importa se alla fine sono solo pedine in questo gioco di morte, per loro è un riscatto nei confronti del mondo occidentale che nei secolo gli ha sempre oppressi.

Dobbiamo dunque intervenire tra i migranti  portando oltre che all'intervento politico la solidarietà di classe da usare  come strumento imprescindibile per creare un'unità tra lavoratori italiani e stranieri,in contrapposizione  alla " solidarietà organizzata" che i padroni usano come arma devastante contro i lavoratori e gli sfruttati di tutto il mondo. Dunque la lotta per i diritti dei migranti, le lotte contro il razzismo e xenofobia devono andare di pari passo con le rivendicazioni dei lavoratori autoctoni, perchè non è dividendo le lotte che gli sfruttati fanno progressi, anzi ogni compromesso a questa linea è referenziale al capitale che con campagne anti immigrazione cercano con perseveranza di fomentare guerre tra poveri,trovando nei rifugiati l'unico capro espiatorio, coscienti che l'unità tra lavoratori italiani e stranieri può essere un pericolo per il mantenimento della pace sociale. 

Dunque è l'unità dei lavoratori il fulcro della questione, ogni altro tipo d'intervento tra i migranti se non mirato a questo fine, anche se di carattere progressivo non rientra nei compiti di un partito rivoluzionario. L'errore che non dobbiamo commettere è quello di scambiare l'intervento tra i migranti per una " campagna " di solidarietà attiva, limitandosi esclusivamente al sostentamento di quest'ultimi tramite l'approvvigionamento di beni materiali come vestiti, cibo o soldi, perchè così si corre il rischio di snaturare l'operato delle  sezioni, trasformandole in associazioni di stampo sociale.
La solidarietà materiale può essere sopratutto utile per creare un approccio iniziale con questi migranti, sviluppare un rapporto di fiducia reciproca e gettare le basi per il nostro intervento,ma sempre facendo presente sin da subito chi siamo e cosa vogliamo.

Niccolò L.  

Nessun commento:

Sostieni il PCL

Sono in vendita le nuove magliette del PCl a 12 € l'una più spese di spedizione, mettiti in contatto con la nostra mail per acquistarle